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Libri

Le case degli altri

“Storie in affitto” di Roberto Moliterni

di Chiara Gulino / 31 maggio

Per molti la casa non è solo una delle tante fermate di un’esistenza inquieta e senza ormeggi, né un perno a cui ancorarsi, specialmente per chi è costretto a emigrare per motivi economici e di opportunità. Lo sa bene Roberto Moliterni, scrittore e regista trentatreenne di Matera ma da anni residente a Roma dove ha seguito il corso di formazione e perfezionamento per sceneggiatori Rai Script, dopo essersi laureato in cinema all’Università di Pisa. Nel 2014 ha vinto il premio Rai La Giara e la Menzione della giuria al Premio Basilicata con il suo romanzo d’esordio Arrivederci a Berlino Est. È uscito per dino audino editore Storie in affitto, un romanzo che raccoglie i racconti tragicomici già apparsi in rubrica su Paese Sera.

La convivenza con dei coinquilini, si sa, ha un equilibrio labile, insidiato continuamente da egoismo, territorialità e protervia. È un attimo perché il legame possa sfilacciarsi.

Tutto parte dalla necessità di Roberto di lasciare la sua casa al Pigneto, situata «nella parte brutta, cioè quella che non è famosa, quella in cui ci sono ancora i romani e un sacco di immigrati», dopo che il proprietario Marcuccio ha sostituito la mite Angela, andata via per ragioni sentimentali, con un tipo strano e sospetto che coltiva strane piantine, dapprima in salotto poi addirittura nel terrazzo condominiale, oltre ad avere poco raccomandabili frequentazioni: «Più che le mura che delimitano un perimetro, ciò che fa una casa sono le cose, quelle che possiedi, che ti porti in giro dovunque ti trasferisci e che piazzi qua e là, per metterci in ogni posto un po’ di te. Ma soprattutto, ciò che fa di una casa una casa sono le persone, quelle con cui vivi.»

Accompagnando Roberto per Roma alla ricerca di una nuova sistemazione, da Testaccio a Montesacro, da San Giovanni alla Portuense, dalla Tuscolana alla Pisana, da Prati a Trastevere, ci addentriamo non solo nelle case, «monolocali ricavati da salotti che nessuno si può permettere», «disordinate stanze di studenti a San Lorenzo», «appartamenti fastosi di ricchi decaduti», ma anche nelle vite di tutti i personaggi che incontra.

Spesso la voce narrante tradisce una certa empatia verso queste persone sovente in bilico fra l’inetto e l’eccentrico. È messo di fronte alla scoperta della propria e altrui incomunicabile solitudine. Il confronto con l’altro diventa luogo della conoscenza di sé e di quella gabbia esistenziale che andiamo costruendo con le nostre mani. Nelle varie storie non c’è che l’occhio lungimirante e lo sguardo limpido di un ritrattista a volte satirico. Ciò che ritrae l’autore è la postura di una società media, affetta da manie e abitudini inveterate e una realtà cittadina degradata (vedi voragine creatasi davanti la casa al Pigneto).

Nessuna rivelazione sembra offrire conforto alla solitudine. Gli stessi oggetti e mobili di una casa ci dicono sempre qualcosa di chi la abita. In sé non significano nulla, tuttavia diventano emblemi della coscienza e solitudine di chi ne fa uso.

Nel suo girotondo alla ricerca di una stanza in affitto, Roberto finisce sempre più annegato in una pozione di dubbi, equivoci, ironia e sospetti, tanto che alla fine non sa nemmeno lui se davvero vuole trovarla una nuova casa: «Ho pensato che dovevo impegnarmi di più a trovare una casa nuova, perché questo è quello che succede quando ci si abitua alle voragini: le cose ci scivolano dentro senza che ce ne accorgiamo.»

Più che altro fruga nei sentimenti e crepe esistenziali di uomini e donne dai tratti precari e inadeguati, a volte ridotti a feticci.

Ovunque posi la mente e gli occhi, scopre note realtà, note relazioni, vite che assomigliano forse anche troppo alla sua e ogni volta un altro ponte che lo conduce altrove.

 

(Roberto Moliterni, Storie in affitto. Romanzo a racconti, dino audino editore, 2017, pp. 164, euro 13)

LA CRITICA - VOTO 7/10

Storie in affitto è un romanzo corale abitato dalle paranoie comuni di decine di protagonisti surreali e tragicomici.