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Musica

Thom Yorke@Auditorium Parco della Musica, Roma, 21 luglio 2019

Sensazionale prova per il leader dei Radiohead

di Luigi Ippoliti / 24 luglio

La Cavea dell’Auditorium di Roma è un emiciclo diviso in due parti: una inferiore e una superiore. Alle sue spalle svettano, imponenti, le sale Petrassi, Sinopoli e Santa Cecilia. È un posto intimo che può accogliere cinquemila persone. Siamo in uno dei tre, quattro posti più prestigiosi dove fare musica in Italia. Uno dei tre, quattro posti in cui anche la musica pop/rock si può davvero ascoltare.
Un luogo dove vivere un concerto è necessario, soprattutto quando si crea forte empatia tra chi suona e chi ascolta. Roma, per questo, sarà sempre grata al genio architettonico di Renzo Piano.

Cosa mancava all’Auditorium di Roma era un concerto di Thom Yorke. Cosa mancava a Thom Yorke era un concerto nell’Auditorium di Roma. Lui, sempre iper attento sulla scelta delle location
– non ultimo, per esempio, lo Sferisferio di Macerata. Una strana mancanza, un vuoto che andava colmato.

Il 21 luglio è l’ennesima giornata calda di Roma, il cielo è limpido e appena entrati si percepisce una certa elettricità nell’aria. C’è ancora luce quando sul palco sale Andrea Belfi. Si siede dietro la batteria, alla sua sinistra una piccola consolle. Parte il suo tribal-cosmico che lo porta spaziare tra il suo ultimo lavoro, Ore, e Natura Morta. Il suono che fa uscire dai macchinari e dalle percussioni amplifica l’attesa per quello che sarà. L’ex batterista dei Rosolina Mar è a suo agio, suona bene. Dopo mezz’ora si alza e, visibilmente emozionato, ringrazia tutti e se ne va.

Cala la sera quando Thom Yorke, Nigel Godrich e Tarik Barri salgono sul palco. Ora i profili delle tre cupole che svettano vanno a confondersi con il cielo. La formazione è la stessa dello scorso anno, con i due Radiohead a smanettare alle due consolle e il visual artist inglese a disegnare al computer quello che poi verrà proiettato sullo schermo alle loro spalle che sembra riprendere come un contrappunto la forma della Cavea.
L’inizio è affidato a “Interference”, una partenza soft, come poteva essere soft “Daydreaming” nel tour di A Moon Shaped Pool dei Radiohead. Yorke canta bene, sembra in forma. Ma è quando toglie le mani dal piano per impugnare la chitarra per suonare “Impossibile Knots” che la Cavea si trasforma.

Da questo momento in poi ciò che accade in Auditorium tra chi suona e chi ascolta è un qualcosa di difficilmente replicabile. Si ha la netta sensazione di non assistere a un concerto nella sua accezione più canonica. Sembra di assistere a un rito di iniziazione futuristico, una sorta di rave in chiesa. Un’installazione artistica su una luna di un’altra galassia. La capacità fenomenale dei tre è il controllo sulle sensazioni del pubblico, andando a lavorare su emozioni viscerali quanto cerebrali. Da quel palco trasmettono suoni e immagini che vanno a colpire sinapsi sempre diverse, in un sali scendi allucinogeno. Sembra di stare al centro di un vortice. Un’esperienza lisergica da cui non si vuole mai uscire.

Thom Yorke è in una forma stratosferica e quello che fa, come lo fa, la delicatezza e i pugni allo stomaco che dà sono la testimonianza di essere di fronte a un artista che, ancora nel 2019, faccia parte di un’altra categoria. Sul palco fa quello che vuole, non ci sono limiti se non nell’incontro con il pubblico, che si lascia trasportare dove vuole lui.

Thom Yorke ricorda a tutti perché è, oggi, il migliore di tutti. Per quale motivo è il più importante e influente artista degli ultimi venticinque anni. L’anello di congiunzione tra la ricerca e l’apprezzamento su larghissima scala mondiale. Non è una nicchia, ma si comporta come tale, senza scendere a compromessi; c’è della magia e c’è soprattutto un’abnegazione tangibile nei confronti della meticolosità, dove emerge il fatto che il talento, da solo, non porta a nulla e che solo attraverso il lavoro si possono raggiungere certi livelli. E il lavoro si nota nella precisione con cui tutta la dinamica del concerto venga controllata e gestita alla perfezione.

Perché prendendo anche solo il momento che va da “Impossibile Knots” fino all’eterea “Nose Grows Some”, che Yorke interpreta in maniera quasi teatrale,  con quel suo far finta di allungare il naso, è un’insieme di emozioni che vanno a mischiarsi l’una sull’altra, creando una spirale senza appigli. In questo frangente, “Black Swan” e soprattutto “Harrowdown Hill” sono eccezionali.

Si va a blocchi, il cervello si resetta e riparte in continuazione, ma si sta all’interno di un incredibile flusso di coscienza. Si arriva alla prima pausa passando per tutta la discografia solista di Yorke, da The Eraser a Tomorrow’s Modern Boxes fino ad Anima (“Not The News” grandiosa), con incursioni da Amok e la colonna sonora del film di Luca Guadagnino, Suspiria.

I tre tornano sul palco e Yorke si mette al piano. In un silenzio irreale, parte “Dawn Chorus”, forse il momento più emozionante di tutto il concerto. Godrich è lì a fare da tappeto, Barri continua a disegnare scenari fatti di luci, linee, forme non razionali. Il cantato/parlando di Yorke accompagnato dalla ripetitività ciclica del piano è struggente, da lacrime.
Mancano ancora tre brani prima del secondo encore. “Ranwayaway”, “Cymbal Rush” e “Default”, eseguiti alla perfezione – in particolare il secondo.

Si torna di nuovo sul palco e di nuovo Yorke si mette di nuovo dietro al piano. Il valzer di “Suspirium” riempie la Cavea, il pubblico in religioso silenzio si scorda per tre minuti scorda di aver ballato fino a un attimo prima. Qui accade l’inaspettato: in questo mini tour italiano, da Barolo a Codroipo, da Ferrara a Perugia, non hanno mai suonato più di ventuno brani. Parte “Atoms for Peace”. Sembra un fuori programma, un regalo che Yorke vuole fare a un luogo incredibile e a un pubblico assolutamente promosso, parte integrante dello spettacolo grandioso a cui si assiste.

I tre salutano tutti. Mentre la Cavea si svuota, rimane il grande peccato di non aver ascoltato “The Axe”, già brano totem della discografia di Yorke.
Ma, forse, non sarebbe potuta andare meglio di così.

Scaletta:

Interference
A brain in a Bottle
Impossible Knots
Black Swan
Harrowdown Hill
Pink Section
Nose Grows Some
I am a very rude person
The Clock
(Ladies & genleman, thank you for coming)
Has Ended
Amok
Not the News
Truth Ray
Traffic
Twist

Dawn Chorus
Runwayaway
Cymbal Rush
Default

Suspirium
Atoms for Peace