Flanerí

Musica

Brunori Sas, Cip!, il cantautorato italiano

A proposito del nuovo album dell'artista calabrese

di Luigi Ippoliti / 15 gennaio

L’uscita del nuovo album di Brunori Sas ormai porta con sé un’inquietante aura di santità, per cui lo si attende come qualcosa di eccezionale e di prezioso, custode di verità e mistero. Era già successo prima di A casa tutto bene, ma oggi, con Cip!, è ancora più evidente: Brunori è diventato trasversale, ha un pubblico vasto ed eterogeneo.

Di fatto è il cantautore italiano, l’eccellenza. Pochi giri di parole. Se dovessimo pensare oggi a un cantautore con lo statuto di cantautore, riconosciuto da addetti ai lavori, da un pubblico ampio e con addosso quella magia, non potrebbe uscire se non il suo nome – discorso a parte per Francesco Bianconi. Ha un passato con Rino Gaetano in testa che affonda le radici nell’indie prima dell’itpop e ora scrive canzoni con chiari rimandi al cantautorato italiano De Gregori/Dalla e in più funziona anche a livello radiofonico.

Qui sta la sua attuale grande forza: oggi ha una pulizia e un’espressività che lo rende iper appetibile per le radio, ma allo stesso tempo funzionale anche in contesti diversi, più refrattari a certe logiche. Può spaziare dall’essere sottofondo durante la spesa ad argomento universitario (da rivedere su Youtube i suoi incontri “All’università tutto bene”). Brunori, insomma, è uno serio.

Allo stesso tempo, sfrutta un vuoto contemporaneo che lo fa emergere imperiosamente. Un vuoto reale del cantautorato inteso come vuole la scuola italiana che al momento sembra soccombere prima al disimpegno pop più bieco e alla superficialità, poi sotto i colpi dei trapper o dei rapper.

Ed è anche quello che lo ha fatto sopravvivere all’ondata itpop. Se pensiamo al suo collega Dente, capiamo come due che hanno segnato l’indie di un decennio fa abbiano avuto due percorsi completamente diversi.

Chi scrive ricorda perfettamente, per esempio, il concerto nel 2010 al Circolo degli Artisti, l’iconico Dente Vs. Brunori. Erano anni in cui i social non erano ancora i social che sono diventati, non c’era stato ancora l’avvento di Niccolò Contessa e Calcutta era semplicemente una città indiana. All’epoca, poi, Dente sembrava addirittura in vantaggio rispetto a Brunori. E invece.

L’artista emiliano è stato completamente inghiottito da I Cani/Calcutta, forse paradossalmente troppo affine a loro, cadendo quasi nel dimenticatoio – e sarà curioso capire cosa sarà del suo imminente prossimo album. Brunori invece no, è andato staccandosi da un certo modo di fare giovanile – eredità che oggi potremmo lasciare a Cimini –, riuscendo a catalizzare su di sé un bisogno collettivo più alto, più profondo. In mezzo, inoltre, un programma Tv, Brunori Sa, che rende esplicito il divario tra i due.

Certamente, soprattutto in questa sua seconda fase iniziata con A casa tutto bene, il livello di scrittura e di intenzioni si è alzato, andando a mirare a vette più alte, sia nella forma che nei contenuti. I riferimenti soprattutto a De Gregori, per quanto lui ne voglia fuggire, sono evidenti nell’approccio melodico e interpretativo di molti dei suoi brani.

Cip! è un’ideale prosecuzione di A casa tutto bene, volendo essere cattivi una sua sovrapposizione, dove vengono controbilanciate enormi questioni sociali e soffertissime questioni private. Chiariamoci: molte delle canzoni sono valide, come lo erano nel suo predecessore. Torna però costante la sensazione che il salto di qualità, quello decisivo, non sia ancora arrivato. Ma non per Lui-Brunori. Per lui in funzione della musica italiana.

Cip! è lavorato bene, fila prepotentemente tra cantautorato e spirito radiofonico, ma che lascia con l’amaro in bocca per non esser riuscito a mantenere le promesse che implicitamente ci aveva fatto . Al netto di un impegno (“Al di là dell’amore”, “Benedetto sei tu”) che il cantautorato pop odierno sembra essersi scordato (da ripescare, per questo, “Io sono l’altro” di Niccolò Fabi), ci troviamo di fronte a un lavoro ambizioso a livello di tematiche (la dicotomia tra Bene e Male) e corale a livello musicale, dove oramai il lo-fi degli esordi emerge raramente.

Brunori è diventato un cantautore emozionale, un luogo dove riconoscersi ferocemente, capirsi, consolarsi. Il “Parla proprio di me”, a metà tra Baglioni e Ultimo.

È netta la sensazione che diverse canzoni di Cip! le ascolteremo quest’anno nelle situazioni sociali più disparate, e questo non può essere che un bene. Ma forse stiamo dando a Brunori un ruolo che non è ancora grado di portare avanti, un’eredità troppo pesante.

LA CRITICA - VOTO 6/10

Cip! è il quinto lavoro di Brunori Sas, che oggi è indubbiamente la punta di diamante del cantautorato italiano.  Ma per meriti suoi o per demeriti degli altri?