Musica
Il cambiamento climatico (divertente) secondo grimes
L'artista canadese torna con un nuovo album e stravolge tutto
di Tommaso Di Felice / 13 marzo
Cinque lunghi, lunghissimi anni di silenzio. Nel mezzo qualche problemino con la casa discografica 4AD (definita dalla stessa artista “my shit label” su Instagram), litigi con la stampa e tutta una serie di rinvii vari, tipici del personaggio. Poi ecco “Miss Anthropocene“, annunciato già un anno fa e definito “creatura antropomorfa del cambiamento climatico, ispirata dalla mitologia romana e dalla malvagità, origine del male“.
La quasi mamma Claire Boucher, aka Grimes, cambia le carte in tavola e ribalta tutto ancora una volta, muovendosi ancora di più verso il gothic rock e quella che viene definita l’ethereal wave, con voci sussurrate e contenuti quasi esoterici .
“Alle persone non interessa il cambiamento climatico perché si sentono accusate, quindi ho provato a rendere la cosa divertente e interessante“, ha sentenziato Grimes. Ci sarà riuscita?
L’album si apre con “So Heavy I Fell Through the Earth” e da lì si parte per un viaggio nei sogni dell’artista canadese. Come dichiarato dalla stessa Grimes, la canzone è frutto di una percorso onirico che l’ha proiettata in una dimensione legata al bisogno personale di amore e maternità. Il vero leitmotiv del disco è invece un senso di oscurità e sofferenza, nei testi come nella musica. Un unico filo conduttore che cambia a seconda dello storia e del momento, passando da un’apocalisse all’altra.
È quanto accade anche con la conturbante “Violence“, traccia che sembra personificare la relazione tra l’essere umano ed il cambiamento climatico come abuso volontario ai danni del mondo: in questo assurdo scambio empatico, secondo Grimes è la Terra ad amare follemente e perdere tutto in un pericoloso circolo vizioso: «You wanna make me bad / Make me bad and I like it like that / And I like it like that […] You can’t see what I see / ‘Cause you, ha, ha, you feed off hurting me».
Si fa fatica a capire cosa invece succede con “4ÆM“, ma è giusto così: dopo un elettrico inizio indo-tropicale, il brano prende strade diverse e tende a disperdersi in maniera fluida. Il testo passa in secondo piano, quasi non si capiscono le parole. Grimes dice di essere una grande fan dei Bollywood e di aver voluto dare un tocco futuristico e cyberpunk al film Bajirao Mastani. Nonostante la confusione, è uno dei pezzi più riusciti.
L’artista tira (finalmente) fuori la voce con “New Gods“, una romantica ballata dove Grimes lascia spazio al desiderio di nuovi Dei ed interpretazioni del presente, rigettando idoli e miti contemporanei. Ma le speranze finiscono con il misantropico “My Name is Dark” e “Before The Fever”: ancora una volta, chitarre e distorsioni nu metal varie creano uno sfondo musicale oscuro, grazie anche all’uso di effetti come il riverbero e il delay. Più riuscita “You’ll Miss Me When I’m Not Around“, altra tappa dell’estinzione umana.
“Delete Forever” è l’unico brano che, pur affrontando un tema delicato come quello dell’abuso di oppiacei, si discosta invece da certi frastuoni e abbraccia melodie folk-pop. Chiude tutto “IDORU“, e finalmente si torna al synth-pop degli album precedenti con la speranza che, forse, non tutto sia perduto per sempre. Sotto tutti i punti di vista.
“Miss Anthropocene” convince solo in parte e non riesce a divertire. Si fa fatica a finirne l’ascolto, qualche brano sembra essere lì per puro caso o poco originale. Le intenzioni di Grimes erano buone ma la realizzazione finale non proprio all’altezza. Questo forzato bisogno di oscurità e l’ostentazione del malessere finiscono per annoiare e rendono complicata ogni interpretazione. Il paragone con Art Angels e Visions non regge, purtroppo. Alla prossima cara Claire, però cerca di tornare presto.
LA CRITICA - VOTO 5,5/10
Grimes prova a cambiare tutto, non vuole ripetersi e va troppo oltre. Una lunga attesa ma l’album fa fatica a decollare. Si salvano “IDORU”, “4ÆM” e poco altro, ma il resto è da archiviare. Rimandata!