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Musica

Colapesce e Dimartino, ovvero starsene in disparte

Primo album insieme per i cantautori siciliani

di Luigi Ippoliti / 12 giugno

Colapesce e Dimartino escono praticamente nello stesso periodo di transizione della musica italiana. Siamo nei primi anni ’10, ancora non si capisce bene la portata gigantesca dell’avvento de I Cani, mentre Vasco Brondi e l’eredità che si porta appresso hanno già dato il loro meglio. Calcutta è un miraggio. Ci sono quindi questi due siciliani che fanno uscire due album notevoli ma che se ne stanno un po’ in disparte rispetto a quello che sembra accadere realmente. Oggi, dopo una decina di anni, ne scrivono uno insieme, I Mortali.

Starsene in disparte: le cose per Colapesce e Dimartino non sono cambiate poi così tanto. Senza esitare, è palese come la loro scrittura sia certamente più sofisticata della media dei colleghi coevi. Quindi per forza di cose, nel tempo, sono stati un bellissimo fenomeno che ha camminato lungo i bordi della musica italiana, che andava stravolgendosi. Fanno un po’ un micro genere a parte. “Cara maestra abbiamo perso” e “Un meraviglioso declino” sono interpretazioni di un sottogenere pop che in in Italia è stato schiacciato dall’iper disimpegno di quello che è successo intorno al 2015.

Anche se poi, soprattutto per quanto riguarda Colapesce con “Infedele“, un certo approccio dell’universo Thegiornalisti ha sicuramente influito, soprattutto sull’estetica. Farsi influenzare da una cultura (o mercato) dominante, in questo caso, non ha peggiorato le cose. “Infedele” è forse, alla fine, il suo album più interessante e più maturo. Proprio perché lo metteva alla prova con un taglio completamente diverso, una visione del mondo diametralmente opposta.

Dimartino invece è riuscito a non farsi suggestionare e un paio di anni fa ha scritto lo splendido Afrodide, probabilmente il suo lavoro migliore.

Ancora adesso le loro due figure sono quelle di due artisti che possiamo chiamare di nicchia: e avere la possibilità di usare questo termine, oggi, è un miracolo.

Comunque, nel 2020, decidono di scrivere I Mortali. Senza scendere a cliché sui musicisti siciliani che devono qualcosa in maniera primordiale a Battiato, devono certamente qualcosa a Battiato per questo loro primo lavoro insieme. Il pop, o pop d’autore alla maniera del Maestro, è un passaggio necessario con cui confrontarsi.  Vale un po’ per tutti: basta pensare ai Baustelle nei loro ultimi due episodi.

Battiato quindi è nume tutelare di questo lavoro. È un po’ ovunque, anche se pare nascondersi. C’è anche Battisti, ed è Dimartino a dare quelle sfumature alla Anima Latina. I Mortali si apre con un brano-parodia dei brani pop, “Il prossimo semestre“. Un meta-linguaggio un po’ stucchevole, tirato fuori un po’ a caso e curiosamente messo come traccia d’apertura.  Passa per la collaborazione con Carmen Consoli, “Luna Araba”, che dopo un intro davvero Tame Impala, ha una cadenza che può ricordare “Lo stretto necessario” di Levante. In “Cicale” spuntano fuori prepotentemente gli anni ’80  e qualche richiamo di Luca Carboni, mentre in “Parole d’acqua” giocano a fare Moderat. Prima di “Noia mortale” si passa per il baustellismo de “L’ultimo giorno di scuola“, come fosse l’altra faccia dell’orchestrazione cupa e funerea di Fantasma. “Noia mortale“, invece, è il tentativo più evidente di provare a entrare in certi canoni consolidati dal mercato odierno. È palese la direzione Thegiornalisti, fino ad arrivare agli ultimi Ex-Otago (che infatti alla fine sono una proiezione meno macho di Tommaso Paradiso). “Adolescenza nera” è forse il brano più interessante, anche se è eccessivo il riferimento al Bon Iver di 22, a Million. “Majorana” sembra un pezzo di Sufjan Stevens se fosse cresciuto ad Agrigento.

I Mortali è tutto sommato un album discreto, ma francamente da due come Colapesce e Dimartino ci si poteva aspettare qualcosa in più. Perché questo genere di pop impegnato, che qui esce senza una vera e propria direzione, può  essere una lama a doppio taglio. Sarebbe stato meglio un maggior sperimentalismo in un album sorprendentemente canonico.

LA CRITICA - VOTO 6/10

Da due come Colapesce e Dimartino ci si poteva aspettare qualcosa in più. Con “I Mortali” non riescono a dare quello che singolarmente sono riusciti a dare durante le loro carriere.