Flanerí

Cinema

Nostalgia di un cinema da dimenticare

C’era davvero bisogno di un film del genere?

di Francesco Vannutelli / 4 luglio

Le nuove frontiere dello streaming legale lasciavano sperare in un maggior coraggio produttivo per il cinema italiano in grado deviare la rotta rispetto all’imbarazzante proposta commerciale degli ultimi anni. Proposta in cui, tralasciando il fenomeno Zalone e poche altre eccezioni, si fa fatica a distinguere un film dall’altro, in un rincorrersi di copioni simili, cast ripetitivi e colonne sonore mortali. Invece, Sotto il sole di Riccione l’esordio alla regia della coppia di registi YouNuts! (Niccolò Celaia e Antonio Usbergo), conferma tutte le enormi debolezze di un sistema che deve, per forza di cose, iniziare a riflettere su stesso. Il film nasce dalla collaborazione tra Netflix e Mediaset che già aveva portato a Ultras di Francesco Lettieri.

Il cinema italiano ha, da tanti anni, una serie di problemi e limiti. Non riesce più da tempo a fare quello che gli riusciva meglio: parlare degli italiani in toni leggeri, rappresentandoli nelle loro contraddizioni ed enormi debolezze. Non è necessario tirare in ballo i tempi d’oro della commedia all’italiana di Risi, Monicelli e Scola. Nomi che fanno beare i più nostalgici, delusi ormai anche da Paolo Virzì, sbilanciato tra vocazioni internazionali e poco riusciti rimpianti giovanili (Notti magiche). Il cinema nazionale non è più in grado neanche di riproporre le commedie che a partire dagli anni Ottanta hanno raccontato i cambiamenti della nostra società. Al cinema italiano popolare mancano, addirittura e in buona sostanza, i film dei fratelli Vanzina.

Il progetto Sotto il sole di riccione nasce proprio per rilanciare quel tipo di commedia estiva leggerissima che ha in Sapore di mare di Carlo ed Enrico Vanzina il suo titolo migliore. Una specie di summa del cinema dei fratelli, di quella capacità di parlare degli strati medio-alti della società nazionale attraverso ritratti semplici di giovani viziati.

Non è un caso che il nume tutelare dell’esordio di YouNuts! sia proprio Enrico Vanzina, autore del soggetto e produttore di Sotto il sole di Riccione. Accanto a lui, al tavolo della sceneggiatura, siedono due giovani autori, Caterina Salvadori (1991) e Ciro Zecca (1987). Con i registi classe ’86 formano un team giovanissimi, soprattutto per gli standard del nostro cinema, eppure è impressionante come il film finisce per essere cannibalizzato dall’anziano mentore Vanzina.

La storia è quella di un vasto gruppo di ragazzi provenienti da tutta Italia a Riccione per le vacanze estive. Un elemento a favore del film: non ci sono regionalismi marcati, grande cavallo di battaglia dei Vanzina.

C’è l’aspirante cantante arrivato da sud per un talent che finisce a fare il bagnino; lo sfigato occhialuto innamorato da cinque anni di una che non se lo fila; un milanese che si ammazza di canne ma è saggio e con il cuore d’oro; il figlio del bagnino anziano che divide le ragazze in carbonara con o senza panna; un non vedente in vacanza con la mamma, e un assortimento di ragazze così poco approfondite che è pure difficile ridurle a poche parole. Intorno a loro si muovono tre anziani volti noti: Isabella Ferrari, madre del non vedente; Luca Ward, buttafuori filosofo che avvia una tresca con la Ferrari; Andrea Roncato, sciupafemmine ormai ritirato. Tutto ruota intorno a un torneo di beach volley, premio in palio «i biglietti per il concerto dell’estate». Ci sono amori, crescita, prese di coscienza e altre cose così.

È raro trovare un film realizzato da una troupe così giovane così incapace di parlare dei giovani. Se Sotto il sole di Riccione voleva essere un rilancio per i film estivi, un nuovo cult in stile Sapore di mare per le nuove generazioni ha sbagliato completamente direzione. Siamo piuttosto dalle parti del non esattamente memorabile Panarea.

La rappresentazione del mondo giovanile nel nostro cinema e nelle nostre serie tv ha sempre avuto dei grandi limiti proprio per la distanza anagrafica tra chi scrive e dirige e le storie che vuole raccontare. Un’ottima eccezione degli ultimi tempi è Skam, web serie nata da un modello norvegese che riesce davvero a parlare e far parlare i ragazzini.

In Sotto il sole di Riccione la bidimensionalità dei personaggi e la banalità delle svolte narrative è impressionante. Il paradosso enorme è che le parti che si salvano sono quelle che riguardano gli anziani, dove il tocco nostalgico-vanziniano è più evidente. Senza nomi davvero carismatici, i giovani interpreti finiscono per soccombere nel confronto con i vecchi attori, ed è tutto dire.

La domanda, legittima, che a questo punto un lettore potrebbe farsi è: «Ma cosa vi aspettavate da un film simile?». Vero, Sotto il sole di Riccione non ha mai preteso, nella sua proposta, di essere la rivoluzione del cinema italiano. Quando vengono dati mezzi e possibilità a nuovi autori, però, c’è sempre l’illusione che possano sfruttarli in modi inediti, se non per forza originali quanto meno interessanti. E invece siamo ancora una volta nel moccismo, e neanche in quello meglio riuscito (assurdo a dirsi).

Per parlare di quanto visto finora della collaborazione Mediaset-Netflix, Ultras di Lettieri scontava il limite di un’enorme cura della messa in scena non accompagnata da un’adeguata capacità narrativa. La personalità del regista, però, era evidente. YouNuts!, invece, già autori di numerosi videoclip degli artisti di maggior successo degli ultimi anni, non riescono a lasciare alcun tipo di impronta. La loro regia è anonima, senza slanci di nessun tipo. Come tutto il film.

(Sotto il sole di Riccione, di YouNuts!, 2020, commedia, 100’)

LA CRITICA - VOTO 3/10

Sotto il sole di Riccione prova a rilanciare la commedia estiva in stile Vanzina. La nostalgia per un’epoca cinematografica – inoltre non esaltante – non basta per tirare fuori qualcosa di interessante.