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Musica

L’esordio solista di Cristiano Godano

"Mi ero perso il cuore", l'album del leader dei Marlene Kuntz

di Luigi Ippoliti / 22 luglio

Prima esperienza senza Marlene Kuntz. Cristiano Godano, con Mi ero perso il cuore, si aggiunge alla lista di leader di band che decidono di scrivere un album solista. Solo negli ultimi tempi dalle nostre parti Francesco Bianconi dei Baustelle con l’uscita dell’album posticipata in autunno causa Covid  e Tommaso Paradiso, oramai ex Thegiornalisti, che sta tiranno fuori singoli a suo nome. Guardando agli Stati Uniti, Matt Berninger farà uscire il suo album Serpentine prison, e sarà anche per lui un esordio senza i The National.

Dietro questa scelta ci sono sicuramente  delle spinte artistiche/personali, ma è probabile che ci siano delle motivazioni per cui il mercato, almeno dalle nostre parti, stia assecondando un discorso che lega la musica popolare all’immagine forse più rassicurante del singolo. Sta venendo a galla un problema con l’accettare l’idea di gruppo, di band. Sembra un tipo di esperienza che ha presa nei i paesi angofoni, ma da noi decisamente meno. Per una ragione o per un’altra, il cantante solista ha più appeal. Basta anche non andare troppo lontano e vedere l’esperienza di Francesco Scarcina in relazione a Le Vibrazioni. O Motta, che per uscire ha dovuto mettersi in proprio e lasciare la sua vecchia band, i Criminal Jokers.

Anche Cristiano Godano, quindi, rientra oramai in questa categoria e tira fuori un album, Mi ero perso il cuore, che riprende la parte centrale della storia dei Marlene, quella della mutazione tanto contestata dai fan, partita da Che cosa vedi e passata per il capolavoro Senza peso e per Bianco Sporco, andandola a comprimere. Sottraendo. In questo lavoro c’è il folk,  sprazzi quasi country, un richiamo agli Wilco non scontato, batteria con le spazzola. “Sei sempre qui” pare un rifacimento di “Schiele, lei, me“.  C’è poco, pochissimo degli esordi: la seconda parte di “Lamento del depresso“, poi, è una netta deviazione alla  Massimo Volume.

Estremamente poetico, come ci ha sempre abituati, nonostante in alcuni momenti l’effetto che si insinua lungo i 53 minuti dell’album è quello un po’ soporifero che certe scelte stilistiche, se sovraesposte, rischia di produrre. Ma nonostante questo, quello che ne esce fuori è un buonissimo lavoro  che ci racconta un grande cantautore che prova a ritrovarsi in una veste inedita. Gli ultimi tre album dei Marlene, infatti, non avevano convinto, incartandosi un po’ su loro stessi, lasciando molte perplessità sul futuro del gruppo. I Marlene Kuntz si sono persi, custodi di un’epoca precisa legata all’underground italiano, ma con il presente non hanno molto da spartire.

Le liriche alternano come solito momenti aulici – interpretati proprio come siamo abituati a metabolizzare la cadenza melodica che è solo di Godano -, controbilanciati con le sue immagini tipiche che spaziano tra secrezioni, carne e ossa. Circa a metà, in uno dei tanti luoghi dove il cuore si è perso, si vira verso la ricerca di decodificare il rapporto sempre complesso di padre e figlio, iniziato nel 2012 con “Canzone per un figlio” a cui si aggiungono oggi “Padre e figlio” e “Figlio e padre“: un trittico doloroso e nostalgico.

Mi ero perso il cuore è una sorpresa, non ci nascondiamo, da cui Godano getta le basi, forse, per una nuova carriera. Noi, egoisticamente, l’unica cosa che possiamo sperare è che quel cuore non venga ritrovato mai più.

LA CRITICA - VOTO 7/10

Esordio da solista  per Cristiano Godano con “Mi ero perso il cuore”.  Una sorpresa, se andiamo a vedere gli ultimi lavori dei Marlene Kuntz. Se aspettate “Catartica”, lasciate perdere. Se invece avete amato “Senza peso”, avrete buone sensazioni.