Flanerí

Libri

Totò, uomini e…

“Caporali tanti, uomini pochissimi” di Emilio Gentile

di Giulia Marziali / 1 aprile

Il punto di partenza di questo libro è degno di un siparietto alla Totò. Racconta Emilio Gentile, uno dei più grandi storici italiani, che la madre, guardando distratta la copertina del suo La via italiana al totalitarismo (Carocci, 1994) fresco di stampa, avesse letto La via italiana al totòlarismo e fosse molto contenta che il figlio, invece di scrivere l’ennesimo libro sul fascismo, avesse deciso di dedicarne uno a Totò.

Come fosse un omaggio postumo o un ex voto finalmente compiuto, l’ultimo libro di Gentile è stato scritto durante «la reclusione senza reato imposta per la tutela della salute», ed è uscito per Laterza alla fine del 2020, con il titolo Caporali tanti, uomini pochissimi. La Storia secondo Totò.

L’universo-Totò (e tutto quanto detto, in vita e in morte, da lui e su di lui) viene indagato da una prospettiva meno battuta, che però è sicuramente la più congeniale a Emilio Gentile, vale a dire quella storica. Molto intelligentemente, il professore emerito alla Sapienza di Roma e accademico dei Lincei sceglie di non improvvisarsi nei panni, per lui di certo poco confortevoli, dello storico del cinema, e neanche di andare a ripescare le memorie appassionate del ragazzino che fra il 1950 e il 1957 andava a vedere tutti i film di Totò proiettati nelle due sale cinematografiche della sua Bojano, in Molise.

Trova invece, con un lavoro minuzioso nella ricostruzione delle fonti ma di agile lettura e grande serietà ed equilibrio formale, il perfetto punto di vista da cui indagare ciò che rende Totò diverso da tutti gli altri comici: la capacità del suo alto fattore, Antonio de Curtis, di rielaborare una sua visione della vita e della Storia e di servirsi del personaggio per restituirla sulla scena in forma burlesca.

Nonostante il principe (che teneva a essere chiamato così, “Principe”, anche dai suoi collaboratori più stretti) abbia avallato per tutta la vita, sornione, la teoria di un sostanziale sdoppiamento fra lui e il suo personaggio – resa iconica dalla celebre intervista doppia del 1963 per Tv7 in cui Lello Bersani si trovò a colloquio prima con Antonio, il principe, elegantissimo nel suo salotto, e poi con Totò, odiato e avversato, e perciò relegato a mangiare in cucina –, nel libro Emilio Gentile vuole a dimostrare l’esatto contrario. Cioè che a informare la vita del personaggio Totò e a far maturare in lui quella divisione del mondo, senza dubbio un po’ qualunquista, in uomini o caporali, al di là di fedi e convinzioni politiche, sia stata esattamente la vita di Antonio, con la sua gavetta, la sua ascesa nel mondo del teatro e della rivista (parallela a quella del futuro Duce, che parodierà esplicitamente, nell’Italia liberata, facendone un Pinocchio), i suoi alterni successi cinematografici, amatissimo dal pubblico e per molti anni disprezzato dalla critica, e comunque, a prescindere, sempre più o meno ferocemente censurato.

Antonio nasce Clemente, come sua madre, e solo in età adulta sarà riconosciuto legittimo, e dunque de Curtis, dal padre, nobile spiantato. E nasce nel 1898, anno in cui, mentre i fratelli Lumière immortalano con la macchina da presa le prime scene di vita della città di Napoli, Benedetto Croce pubblica il suo saggio su Pulcinella. Saremmo tentati, sulla scia del suo «Pulcinella non si può definire», di lasciare nell’indefinibile anche Totò. Ma è proprio mettendo in luce la differenza con i molti attori che hanno saputo impersonare Pulcinella, che Gentile dimostra la sua tesi. Pur essendo stato senza dubbio l’ultima maschera della Commedia dell’Arte, l’uomo Totò si identificava a tal punto con l’uomo Antonio, che nessun altro attore, dopo la morte avvenuta il 15 aprile del 1967, è mai più stato Totò: la maschera è diventata mito, ma non è sopravvissuta, autonoma, al suo inventore.

Né l’uomo né la maschera ebbero vita facile. Totò, come dicevamo, fu bersagliato dalla censura (come racconta molto bene Alberto Anile nel suo Totò proibito, Lindau, 2005), frequente preda di produttori «che lo sfruttavano come un sottoprodotto di largo consumo su cui investendo poco si guadagna di sicuro» ricorda Franca Faldini, la compagna che gli restò accanto per quindici anni, fino alla fine della sua vita (in Totò, l’uomo e la maschera, minimum fax, 2017). Adorato dal pubblico, tanto a teatro quanto al cinema – mezzo che contribuì a diffondere la “Totòmania” in tutta la Penisola, specialmente al Sud, e la estese a un pubblico piccolo-borghese, proletario e contadino, in gran parte di giovani –, fu avversato dalla critica e sostanzialmente snobbato dal cinema d’autore, tranne in qualche rarissima e felice eccezione (l’ultima, e la più amata, Pier Paolo Pasolini).

«Vedrai, quando sarò morto e non più scomodo per nessuno, daranno la stura ai paroloni e, rispolverando la mia vis comica, affermeranno che se non me ne fossi andato mi avrebbero visto giusto per questo o quel personaggio, chi meglio di me avrebbe potuto farlo. Non vanno sempre così le faccende a casa nostra? Questo è un bellissimo paese in cui però uno ha da morire per essere compreso», confidava amareggiato alla fedele Franca negli ultimi anni di vita quando, quasi completamente cieco, vedeva ormai avvicinarsi la fine della carriera.

Aveva ragione, ovviamente, questo arcitaliano che ha saputo incarnare il nesso fra miseria e nobiltà come nessun altro. Su una cosa però si sbagliava: pensava di valere meno di un falegname, perché del falegname resta nel tempo almeno il tavolino che ha fabbricato.

E invece, come conclude Gentile, «con Totò il principe ci ha lasciato la sua visione della vita e della Storia, che è qualcosa di più di una filastrocca qualunquista, anche se non è neppure qualcosa di più di una esperienza vissuta da un uomo semplice, ma dotato di uno straordinario potere di osservazione e di una straordinaria energia comica, che gli ha permesso di incarnarsi in centinaia di altri esseri umani di fantasia, tutti diversi eppure tutti reali, perché rappresentano la vita umana che fluisce nel tempo, formando la Storia». Proprio qui risiedono la forza e il significato del passaggio di Totò/Antonio de Curtis sulla Terra. «A la faccia del bicarbonato di sodio», avrebbe detto lui.

 

(Emilio Gentile, Caporali tanti, uomini pochissimi. La Storia secondo Totò, Laterza, 2020, 192 pp., euro 14, articolo di Giulia Marziali)