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Libri

L’eleganza apparita

“Le perfezioni” di Vincenzo Latronico

di Fernando Coratelli / 8 giugno

«La vita, qui, sarebbe facile, sarebbe semplice. Tutti gli obblighi, tutti i problemi che comporta la vita materiale, troverebbero un’ovvia soluzione», scriveva Georges Perec in Le cose, nel 1965. «La vita promessa da queste immagini è tersa, concentrata, facile», risponde Vincenzo Latronico nel suo nuovo romanzo Le perfezioni, edito da Bompiani. Il paragone fra i due romanzi non è casuale, né arbitrario, perché è lo stesso Latronico a esplicitarlo. Potremmo quasi definire l’opera una sorta di cover, se fossimo nell’ambito musicale, o un reloaded per restare invece nell’attualità web, di cui è impregnato il romanzo.

I protagonisti, Anna e Tom, sono due trentenni milanesi che hanno un appartamento a Berlino, dove si sono trasferiti a lavorare per scelta meditata. Il loro è un appartamento luminoso, arredato con gusto, il gusto imperante ai tempi di Instagram, perfetto per essere fotografato, mostrato e, quando necessario, affittato su Airbnb. Lo stesso vale per le loro vite, che filtrano, che rendono patinate e perfette agli occhi degli altri, e alla fin fine anche ai loro. D’altro canto sono designer, è il loro campo naturale, e Berlino appare loro una città vitale e dinamica, che sa offrire ciò che è à la page, come la Parigi di Jérôme e Sylvie nel romanzo di Perec.

Si circondano di persone che definire con fermezza amicizie è avventato, ma che di certo come loro evidenziano la «spia di una solitudine che tutti si sforzavano di esorcizzare». Così, quel che traspare è che la loro unione sia un’àncora: «Il loro amore si approfondiva ogni giorno. Erano amanti, compagni, migliori amici», che finisce con l’acuire il senso di solitudine, di un’esistenza leziosa e artificiosa che con maestria Latronico restituisce al lettore anche stilisticamente.

Durante il progredire della narrazione si percepisce forte un senso di sospensione, di vita sotto vuoto, o se si preferisce di vita sotto vetro di un touchscreen. Eppure Anna e Tom non danno l’idea di essere del tutto inconsapevoli della loro condizione, se è vero che «temevano di essere contenti perché si erano accontentati». Su questa incrinatura, su questo sbaffo, l’intero impianto narrativo prende una luce, anzi un’ombra esistenziale sartriana.

La perfezione delle immagini diventa al contempo l’obiettivo e la determinazione del sé, come se fuori dalle immagini, dalla rete sociale (nel romanzo ci si concentra soprattutto su Instagram), ci sia il rischio di non trovare la realtà, così che Anna e Tom «vivevano due vite. C’era la realtà tangibile, che li circondava; c’erano le immagini. Li circondavano anche quelle». Questa sovrapposizione tra realtà e immagini che diventano un unicum è ciò che di estremamente interessante racconta Le perfezioni. D’altronde Anna e Tom sono dei creativi, costruiscono il loro status sociale sulle immagini, e da esse trovano il sostentamento economico. Finché ne restano imprigionati, irretiti in ogni aspetto della loro quotidianità, perfino nel sesso.

E su questo Latronico scrive le pagine più belle e al contempo drammatiche e soffocanti. Il capitolo in cui affronta la loro vita sessuale in una routine che, ovviamente, si «era perfezionata abbastanza presto nella loro relazione, e li aveva sempre soddisfatti». Ma sarà vero? Chiaramente no. O meglio, è l’autore dall’esterno a dirci che «la scopata era stata uguale a quella della settimana scorsa, di due mesi fa, di tre anni fa», ma se ne rendono conto anche loro, così non respingono l’idea di provare altro, di sperimentare. Tuttavia anche in questo caso resterà, al solito, una ricerca di immagini dettate dal «mondo tutt’intorno [che] offriva un’immagine così entusiasmante di ciò che avrebbe potuto essere la loro vita sessuale»; e su quel condizionale, su quell’«avrebbe potuto» fa perno l’intera narrazione, l’intera relazione, fino alla scelta finale. Del resto il concetto stesso di perfezione cela in sé il condizionale – nessuno è perfetto ma tutti vorrebbero tendere alla perfezione.

Il romanzo, come detto, ricalca quello di Perec anche nel movimento narrativo, e al pari di Le cose deve magari fare i conti con le analisi e le critiche che ai tempi furono mosse a Perec. Così, lo si potrebbe sbrigativamente definire un romanzo generazionale, ma a mio avviso si commetterebbe un errore, perché c’è molto di più. Quello che risalta è un’analisi sociologica di un segmento, non indifferente e trasversale (per questo non generazionale), della società sempre più impaludato nelle immagini, tanto da non riuscire neanche più a sviluppare contenuti privi di esse. E ancora peggio sempre più incapaci di interpretare contenuti non corredati da immagini.

Ai tempi, Perec ci rimase male quando qualcuno definì Le cose più un’analisi sociologica che un’opera letteraria. Eppure, a distanza di quasi sessant’anni quel romanzo ha ancora una sua attualità che solo le opere letterarie hanno. Senza alcun indugio si può dire che Le perfezioni è un romanzo letterario, che sa attraversare un’epoca, che sa leggere sociologicamente un periodo senza rimanerne imbrigliato, perché di Anna e Tom ce ne saranno a bizzeffe anche nel futuro, così come ce n’erano in passato.

Vincenzo Latronico è scrittore raffinato, sa museificare il tutto con una scrittura che di certo appare spesso algida e patinata, ma per questo capace di riprodurre quell’eleganza apparita, nel senso che appare, che assume i crismi della realtà senza esserla. Con uno stile che sa fluttuare tra dolcezza e spaesamento, tra lucidità e desolazione. Lo fa senza mai giudicare Anna e Tom, senza mai lasciarsi andare a moralismi o, peggio, a paternalismi sociologici, sebbene un velato umorismo talvolta si incunei nelle pagine e finisca con l’inclinare, come detto, la narrazione verso una forma di esistenzialismo che lega a sé il lettore, il quale, comprensibilmente, di primo acchito avrà voglia di allontanare da sé storia e personaggi.

 

(Vincenzo Latronico, Le perfezioni, Bompiani, 2022, 144 pp., euro 16, articolo di Fernando Coratelli)