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Avere tutto sfidando tutto

Su “Avere tutto” di Marco Missiroli

di Antonella De Biasi / 5 dicembre

Avere tutto. Più che un’asserzione, il titolo dell’ultimo romanzo di Marco Missiroli sembra lo spettro di un punto interrogativo che trascina subito il lettore nel testo. Avere tutto significa in fondo desiderare «solo le due o tre cose per cui veniamo al mondo» e ciclicamente chiedersi se, al cospetto della morte di chi abita il nostro mondo emotivo e della vita che ci rimane, si sia riusciti a raggiungere quel che si voleva.

Dopo il successo di Atti osceni in luogo privato, uscito nel 2015 per Feltrinelli, e di Fedeltà, edito da Einaudi nel 2019, Avere tutto è quasi un “corpo minore” della produzione letteraria di Missiroli, ma al contempo è la sintesi maggiore tra stile e lingua, tra le sue radici, aggrovigliate in una Rimini malinconica e non soleggiata, e due anime preponderanti, quella del gioco d’azzardo e quella dei sentimenti.

La narrazione si apre in prima persona con un dialogo asciutto tra padre e figlio, la diade che dominerà il romanzo: Sandro raggiunge a Rimini Nando, il quale dopo la morte della moglie Caterina, compagna di una vita e anche di brillanti gare di ballo, dedica il suo tempo alla cura dell’orto per poi sparire di sera, a bordo della sua Renault 5, per rincasare a notte fonda.

È qui che il nervo ostinato della passione principale del padre ferroviere viene rivelata: frequenta ancora una sala da ballo, dove ritrova la verve dei tempi passati, quando sognava di essere il migliore, vincere tutto, con la moglie.

Durante la convivenza nella casa di famiglia, ancora intrisa della presenza della madre, i due uomini tengono le fila di un rapporto intermittente eppure diretto, che passa dalla timidezza, da alcune forme di pudore, alla ricerca di verità assolute. Proprio durante questi confronti Sandro racconta al padre come ha avuto inizio la sua vita di giocatore d’azzardo, mentre Nando rivela al figlio di avere un male perfido e incurabile e di avere ormai poco tempo a disposizione.

Il rapporto tra padre e figlio non è un tema nuovo nella narrativa di Missiroli, ma in queste pagine traspare con una maturità definitiva, imbevuta dei luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza dell’autore, che rinforzano una struttura sentimentale che non si perde mai, dalla prima all’ultima pagina.

Poi c’è il tavolo, il gioco, il rischio. Impossibile non rievocare i grandi classici incentrati sulla figura del giocatore: La mano sbagliata di Jean-Michel Guenassia col suo Baptiste Dupré, e Il giocatore di Fëdor Dostoevskij che aveva come protagonista Aleksej Ivanovic, personaggio letterario carismatico e tormentato. Sandro è un giocatore vincente, bravo: vince perché «domina il punto di rottura», tiene insieme tutto quando la partita diventa pericolosa e ci si può «far male». Non è comunque indenne dalla perdita: ha perso Giulia, la donna della sua vita, come suo padre ha perso la moglie ballerina, ma allo stesso tempo, al tavolo, nei ricchi appartamenti milanesi, sfida ogni dinamica per avere tutto.

Per Nando «avere tutto» è il primo premio al Gran Galà della Baia Imperiale di Gabicce grazie al salto Scirea del Pasadèl da lui inventato; per il figlio, è godere del formicolio ai polpastrelli tenendo in mano le carte, spennare tutti, vincere. Sfidando tutto.

Attraversando la narrazione si resta colpiti dal linguaggio italoriminese: i dialoghi sono vivi, corti e caldi, e reggono il dolore e il senso di sconfitta di fronte alla morte e alle rese dei conti, e la rievocazione degli eventi positivi e dei desideri, di fronte a una stessa domanda che torna spesso: cosa faresti con un milione di euro e un bel po’ di anni in meno?

Una domanda-trabocchetto, perché si basa sulle ombre, sulle vite secondarie che non si sono potute scegliere. Le risposte dei due protagonisti variano spesso, mettono insieme elementi della vita vera e quella sognata. Le figure di Caterina e Giulia sono distanti, aleggiano soltanto, ma rappresentano le fondamenta della storia e danno modo ai due uomini di ritrovarsi: apparentemente la traccia narrativa si poggia sulla grammatica maschile, ma in realtà il lessico famigliare di questi protagonisti è intriso di femminile.

Nando e Sandro si sciolgono in una Rimini che ha un ruolo centrale nel romanzo: se il lettore si immagina una Rimini chiassosa, con chioschetti di bevande, lidi affollati, locali sulla spiaggia, viene invece portato in una città umida e silenziosa, lo sfondo perfetto del rapporto complicato di un padre e un figlio. La città controversa a cui si torna: una Rimini fuori stagione, quieta, contrapposta a una Milano di sottofondo che crea corazze in Sandro, il figlio protagonista, ma che la città natale lima, scalfisce, riportandolo a una dolcezza più antica.

 

(Marco Missiroli, Avere tutto, Einaudi, 2022, 159 pp., euro 18, articolo di Antonella De Biasi)