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Musica

“Il mondo nuovo” del Teatro degli Orrori

di Alessio Belli / 27 aprile

Ci ho messo un po’ a scrivere questo articolo. Non per particolare inerzia, pigrizia e poco stimolo. No, affatto. Ci ho messo un po’ perché Il Mondo Nuovo del Teatro degli Orrori è un disco profondo e complesso. Bello e difficile. Da ascoltare parecchie volte e poi un’altra ancora. Un lavoro con intenti comunicativi e un messaggio ampio da recepire. Da scavare livello dopo livello. Tutto ciò all’inizio può sconfortare, deludere; spinge l’ascoltare debole e superficiale a lasciar perdere. Sia l’ascoltatore che il critico. Ho letto con attenzione recensioni e articoli – alcuni molto autorevoli – su questo prodotto musicale: opinioni completamente divergenti e distanti l’una dall’altra. La critica s’è divisa: o disco non riuscito come si doveva o capolavoro assoluto. Io, ma ci ho messo un po’ a capirlo, ho optato per la seconda possibilità.

Per chi non li conoscesse, Il Teatro del Orrori sono una delle poche rock band italiane a potersi fregiare con onore di questo titolo. Nati dalle basi solide degli One Dimensional Man, per molti, non solo per i fan, sono gli unici a potersi definire tali. È comunque un fatto inappuntabile che i loro due album – Dell’Impero delle Tenebre e A Sangue Freddo – sono già entrati negli annali rock nostrani. Pierpaolo Capovilla ha il carisma, la cultura e la bravura per farsi seguire da legioni di fan, sempre pronte a urlare a squarciagola i testi dei loro brani nei live. Insomma, l’attesa e le aspettative per il loro terzo atto erano alte, se non altissime.

Procediamo parlando dell’album Il Mondo Nuovo, dalla stupenda copertina con l’opera “Face Cancel” di Roberto Coda Zabetta. Musicalmente le basi noise-rock tipiche del gruppo sono confermate e rilanciate alla grande. La tecnica e la verve compongono un contesto sonico impressionante. La batteria di Valente è incessante e furiosa, accompagnata al basso dallo stile ormai inconfondibile di Favero. Capovilla alterna urli da stadio a recitazioni degne del “suo Teatro”, popolato dai citati Pasolini e Slavoi Žižek, solo per fare qualche nome.
Bisogna soffermarsi sul fatto che il disco sia un concept. Un concept sviluppato nel quale – dopo il bellissimo trittico iniziale “Rivendico”, “Io cerco te”, “Non vedo l’ora” – la dolente “Skopje” inizia a tratteggiare le coordinate e i lineamenti di questo Mondo Nuovo, in cui il fenomeno dell’immigrazione è molto di più di un abitudinario tema da pagine di cronaca. È un fenomeno sociale, frutto della globalizzazione, del capitalismo, con ricadute evidenti nella nostra vita di tutti i giorni.

Inizia così il viaggio attraverso “Gli Stati Uniti d’Africa”, con l’inedita apertura tribale, passando per la lentezza desolante di “ClevelandBaghdad”. Da qui in poi, se si esclude “Cuore d’oceano”(pezzo tra i più potenti dell’album con la collaborazione di Caparezza), “Dimmi addio” e il finale di “Vivere e morire a Treviso”, parte la lista dei nomi dei cittadini di questo Mondo. C’è “Ion”, ovvero Ion Cazacu, l’operaio rumeno ucciso a Varese nel 2000, c’è “Martino”, “Monica”, “Pablo”, “Nicolaj”, “Doris” (versione rivisitata dell’omonima canzone degli Shellac) e “Adrian”. Sono loro le persone a cui questo disco dà la voce e la degna musica con cui potersi esprimere, ma soprattutto una nuova vita. Una vita da cittadini liberi.

Andando a concludere, è vero, il disco è molto lungo; i brani sono sedici e si supera l’ora di ascolto. Ma come dicevamo questo è un concept e tale lavoro va per forza sviluppato con i tempi che merita. Non capisco chi si lamenta della sua eccessiva lunghezza; sarebbe come voler togliere svariate pagine a I Fratelli Karamazov: abbrevi il tutto, ma ne perdi il senso e la bellezza del complesso. Il Mondo Nuovo è quindi il disco più ardito e complesso del Teatro degli Orrori, meritevole di tempo e ascolto, capace di comunicare ciò che solo la grande musica può permettersi di raccontare.
Così, quando la band sentirà nei concerti i fan cantare il verso di “Skopje” «non posso fare a meno di voi», sapranno che quel verso è rivolto a loro.


(Il Teatro degli Orrori, Il Mondo Nuovo, La Tempesta, 2012)