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Musica

“Come of Age” dei Vaccines

di Alessio Belli / 31 agosto

Più di un anno fa ci avevano lasciato con una domanda. Una domanda che era anche il titolo del loro celebratissimo disco d’esordio: What did you expect from The Vaccines? Divenuti adulti – Come of Age, per l’appunto – ecco la possibilità di avere una risposta ancora più chiara. Le alte aspettative da sempre riservate verso un secondo lavoro discografico sono state in questo caso fortunatamente compensate, e i Vaccines presentano un album capace di scuotere fan e critica dal rilassamento estivo.

Meno diretto, istantaneo e scatenato rispetto al predecessore, Come of Age ha però dalla sua una costruzione melodica più elaborata e delle scelte stilistiche maggiormente marcate e originali. Il suond della band ora è più tipicamente The Vaccines’ style e meno contaminato da chi all’inizio del nuovo millennio ha dato nuova linfa al rock: The Strokes, Interpol, Editors, Artic Monkeys e Bloc Party su tutti.

«Non c’è nessuna speranza / Ed è difficile diventare adulti» canta nel ritornello di “No Hope” Justin Young. Il primo pezzo è il ponte perfetto tra passato e presente, con la forza inalterata delle chitarre, della base ritmica e dei ritornelli fulminanti. “I Always Knew”, cambia subito le carte in tavola, soprattutto per i cori del ritornello: azzardo riuscito. Poi una delle tracce figlie dell’esordio per carica e impatto: “Teenage Icon”, già entrata tra gli inni della band e tra le preferite dei fan. Le chiatarre di “All in Vein” e la più cupa e isterica “Ghost Town” tengono ancora l’atmosfera carica. Con “Aftershave Ocean” e “Weirdo” il battito si rilassa entrando nel “già sentito”. Solo con la scarica di “Bad Mood” l’aria si riscalda e “Change of Heart part 2” e la successiva “I Wish I Was a Girl” mettono nella scaletta altri due pezzi gradevoli ma non proprio indimenticabili. C’è però il gran finale con la ballatona “Lonely World”, la prova più evidente del passo avanti compiuto dal gruppo in questo disco.

Insomma, The Vaccines non deludono; Come of Age è un disco compiuto e sensato, meno incoscente e furioso, più composto e di mestiere, capace in alcuni momenti di donare delle perle non indifferenti. Guardando al futuro della band inglese c’è poco da dire; bisogna aspettare la terza fatica, e li sarà o flop o capolavoro. Senza mezze misure.