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Musica

“Tempest” di Bob Dylan

di Alessio Belli / 1 ottobre

Nel bel mezzo della tempesta. A settantuno anni. Un gorgo cupo di morte e disperazione, musica e parole con pochi e preziosi spiragli di luce e amore. Versi e accordi calati nel vortice, un cataclisma epico chiamato per l’appunto Tempest, ovvero l’ultimo disco di Bob Dylan.

La “Mietitrice”, è lei la protagonista delle canzoni, anzi, meglio dei racconti. Questa è la prima cosa basilare da dire: Mr. Zimmerman è tornato a essere il “grande narratore”. Il gusto per la narrazione, del cantare indimenticabili parabole umane, che ha caratterizzato i capolavori della sua produzione, è risorto prepotente. La voce s’è fatta ancora più roca, graffiata e resa sporca dall’età e dal mito, ed è tornata a esprimere momenti di poesia unica in brani di dieci, quindici minuti.

Prendiamo come summa “Tin Angel”, l’angelo di latta: è la vicenda di un triangolo amoroso sordido, malavitoso e violento, destinato a sfociare in epilogo fatto di coltelli e pallottole, baci e promesse d’autore infrante. Il lungo brano scandito magistralmente dai dialoghi dei protagonisti anticipa la “Desolation Row” del terzo millennio e molto probabilmente una delle canzoni più immense composte dal cantautore americano. Parliamo di “Tempest”, il pezzo che dà il nome all’album. Il racconto della tragica fine del Titanic è la possibilità di elencare una serie di istantanee vivide e profonde: c’è Leo (Di Caprio) che si tiene stretto il suo album di disegni, c’è chi, per avere finalmente la pace nel cuore, cede il suo posto sulla scialuppa di salvataggio a un bambino storpio, c’è il barista che serve ancora da bere nonostante abbia l’acqua alle ginocchia, c’è la vedetta, c’è il capitano. C’è la “Mietitrice” e la sua vittoria.

L’ultima canzone dell’album “Roll On John”, è una sentita e struggente dedica a John Lennon, la cui vita viene cristallizzata nella melodia fino al tragico sparo.

Eppure Tempest, all’inizio, dava tutt’altra impressione, come sembrava suggerire il ritmo e la melodia allegra di “Duquesne Whistle”: imperdibile la visione del video tratto dal brano. Nella seguente “Soon After Midnight” la voce si modula in una dolce e romantica ballata sull’onda di “When the Deal Goes down”, perla immensa contenuta in Modern Times. Musicalmente la band del “Menestrello” è molto più coinvolgente rispetto ai lavori precedenti: grazie all’innesto del rock al folk e all’acustico, si riesce a tenere ben saldo l’orecchio dall’ascoltatore sia sulle parole che sul suono, come nei notevoli sette minuti di “Narrow Way”.

Dopo un ripetuto e accurato (e fortunatamente anche accorato) ascolto, si può dire che questo è molto probabilmente il disco definitivo di Bob Dylan. L’Highway 61 Revisited della vecchiaia, della fase finale, un lavoro che negli anni verrà preso a modello. Con ciò non ci auguriamo ovviamente che questo sia il lavoro ultimo del maestro, ma qualora fosse, un capitolo conclusivo del genere se l’è potuto permettere solo lui. Roll On, Bob.