Libri
“Giorgio Caproni. Roma la città del disamore” a cura di Elisa Donzelli e Biancamaria Frabotta
di Chiara Fratantonio / 26 novembre
Ci sono luoghi che ci appartengono, che sentiamo di conoscere a fondo, spazi che facciamo nostri nel tempo. E luoghi che, invece, rimangono sfuggenti nonostante il tempo e, per quanto la nostra storia si intrecci quotidianamente con la loro, continuano a svelarsi in forme sempre nuove, lasciandoci incerti e rapiti allo stesso tempo.
La storia di disamore tra Giorgio Caproni e la città di Roma inizia proprio così e il libro appena edito da De Luca Editori D’Arte a cura di Elisa Donzelli e Biancamaria Frabotta, Giorgio Caproni. Roma la città del disamore, è un prezioso catalogo che ha sapientemente raccolto per la prima volta tutte le vibrazioni prodotte dall’incontro del grande poeta con la città e con tutte quelle sfaccettature che, come sottolinea Biancamaria Frabotta nel saggio introduttivo al libro, la rendono, più che una città, un Aleph borgesiano: una circonferenza celata, ma che si rivela infinita e che contiene infinitamente tutti i punti e infinitamente anche se stessa.
Se Livorno è la città dell’infanzia a cui è legata l’immagine onnipresente e multiforme della madre Annina e Genova è il luogo «di tutta la vita», «pura città dell’anima», Roma è la città dove la vita di Caproni scorre concreta e problematica «fra i marmi / e i sassi, e fra l’ortica» dal 1938, anno in cui accetta l’incarico presso la scuola G. Pascoli di Trastevere, fino alla morte nel novembre 1990. A Roma Caproni scrive, in versi e in prosa, conosce gli amici (Libero Bigiaretti, Carlo Betocchi, Pier Paolo Pasolini, Attilio Bertolucci), gli intellettuali e i pittori, gli scrittori e i pensieri che si muovevano proprio intorno alla casa editrice De Luca. Roma è il luogo dove riconosce il suo essere e il suo essere stato, attraverso nuovi spazi e figure del passato che in quegli spazi riappaiono: la prima fidanzata Olga Franzoni, morta in Val Trebbia nel 1936, e ancora Annina. Tra i ponti, i tram e le biciclette.
Il libro è articolato in diverse sezioni che indagano ciascuna un aspetto dell’interazione tra il poeta e l’Aleph-Roma. Tra queste spicca per interesse documentario quella in cui compaiono i due articoli scritti da Caproni al termine di un’indagine sulle borgate di Pietralata e del Tiburtino III («Le borgate confino di Roma»e «Viaggio tra gli esiliati di Roma») e pubblicati nel 1946 sul settimanale Il Politecnico, rivista diretta da Elio Vittorini e particolarmente attenta all’impegno sociale degli scrittori italiani.
La Roma ammantata di rosso dal Mafai e brillante alla luce per il candore imperiale dei suoi marmi, è sventrata dai fascisti nel 1935 e sbattuta ai margini in «isole di disperati, dove l’uomo diventa pezzente e che se ne vanno disamorate alla deriva». Non ci sono grazie e non ci sono colpevoli. Ci sono le storie di quella «Roma vera, la Roma lavoratrice» sfiancata dai palazzinari e soffocata in un ghetto che sarebbe diventata pochi anni dopo spazio scenico di Una vita violenta e Accattone di Pasolini, di Tommasino, di Lello, di Stella e Maddalena.
Senza il clamore e la denuncia forte di Pasolini, Giorgio Caproni. Roma la città del disamore raccoglie amorevolmente i moti di un cuore «straniero», che guarda il paesaggio trasformato dalla guerra con occhi silenziosi di poeta.
«Anima armoniosa, perché muta, e, perché scura, tersa: / se c’è qualcuno come te, la vita non è persa».
(Pierpaolo Pasolini, «A Caproni», Epigrammetti, 1958-59).
(Giorgio Caproni. Roma la città del disamore, a cura di Elisa Donzelli e Biancamaria Frabotta, De Luca Editori D’Arte, 2012, pp. 96, euro 20)
Per ulteriori approfondimenti leggi anche: Giorgio Caproni. Roma la città del disamore: una mostra e un libro alla Casa delle Letterature e l’approfondimento critico Il vizio di scrivere. La poesia di Giorgio Caproni.