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“Litigando con il mondo” di Ivo Andrić

di Ruzica Babic / 23 gennaio

I sette racconti di Ivo Andrić riuniti nel volume Litigando con il mondo (Zandonai, 2012) hanno in comune un protagonista giovane. Si tratta di un’età delicata, difficile e crudele che spesso ha un sapore di amarezza e delusione e in cui si finisce spesso, appunto, a litigare con il mondo che si ha intorno.

I giovani protagonisti dei racconti sono incantati davanti a parole nuove di cui non colgono completamente il significato, fatto che rende quei concetti ancora più affascinanti agli occhi dei ragazzini. Sono anche diffidenti verso il nuovo mondo che iniziano pian piano a scoprire; rimangono delusi di fronte all’inutilità delle fiabe, di fronte ai primi baci privi di sapore. Combattono spesso con la voglia di abbandonarsi al pianto, di tornare a nascondersi nel grembo materno e, d’altra parte, s’affrettano a dimostrare ai propri coetanei che sanno già camminare con passi sicuri nel mondo degli adulti.

Diverse sono le situazioni in cui dovranno questi ragazzi dovranno dimostrare la propria risolutezza: la prova di coraggio per Marco sarà buttarsi nel gelido fiume, dare il suo primo bacio – parola di cui conosce vagamente il significato – a una ragazzina che tutti i ragazzi del gruppo vorrebbero baciare. Per Lazar sarà invece trovarsi da solo nel buio corridoio circolare di una torre abbandonata, dove durante il giorno passa ore a giocare alla guerra con gli amici. Una volta che ci si troverà da solo, sentirà finalmente l’impulso di sfidare le proprie paure infantili: «Sentiva l’impulso di gridare per spaventare la propria paura o forse per chiamare qualcuno».

Le nuove, sconosciute emozioni la cui grandezza si intuisce solamente, le piccole gesta eroiche dei piccoli protagonisti, non sono però trattate da Andrić con un distacco ironico, o come se si trattasse di cose di poca importanza: l’autore dimostra invece rispetto per questi anni turbolenti, quasi una sorta di nostalgia.

Un’altra cosa che accomuna i protagonisti è la strana e imprecisa attesa in cui vivono: tutti aspettano che succeda qualcosa di nuovo, di inaspettato ed eccitante che cambierà la loro esistenza. E tale desiderio non è limitato soltanto ai personaggi giovani; nemmeno gli adulti riescono a nascondere la loro curiosità verso l’ignoto.

Anche il paesaggio si trasforma, funzionando da correlativo oggettivo delle emozioni dei protagonisti; la riva del fiume è nuda e rocciosa, sullo scarso terreno alluvionale solo qualche rara erba o qualche fiore che emana un leggero profumo riesce a sbucare fuori e cogliere qualche raggio di sole, mentre gli altri bruciano sotto il forte sole estivo come i desideri adolescenziali.

La narrazione procede lenta e quasi solenne, come è del resto tipico della scrittura dell’autore. Alle descrizioni realistiche Andrić a volte accosta in maniera molto efficace e quasi straniante delle immagini oniriche. Agli occhi dei ragazzini, la bellezza si presenterà sotto forma di un calesse che corre sulla strada battuta del paesino, con a bordo un gruppo di figure femminili, il cui fascino appare confuso, tra le visioni frammentarie dei vestiti bianchi che si intravedono dal finestrino e le immagini che fioriscono nella testa giovane e calda di questi giovani uomini. Un’altra caratteristica dello stile dell’autore è l’utilizzo di opposizioni molto efficaci: in un racconto, per esempio, accosta la descrizione di una giovane donna nel pieno della sua femminilità all’immagine di un vecchio decrepito il cui corpo si deforma e deteriora, senza alterare il ritmo della narrazione né rincorrere ai cambiamenti di registi.

Grande narratore, attento e calmo osservatore della vita, Andrić ci trasmette in modo assolutamente naturale e comprensibile le vite di piccoli uomini le cui paure, dubbi e desideri appaiono familiari, tragicomici e non così lontani dalle nostre quotidiane preoccupazioni di adulti.

(Ivo Andrić,  Litigando con il mondo, trad. di Alice Parmeggiani, Zandonai, 2012, pp. 148, euro 15)