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Libri

“Conversazioni all’ora del tè” di Jerome K. Jerome

di Elisa Cianca / 26 gennaio


Conversazioni all’ora del tè (Mattioli 1885) è un breve romanzo di Jerome K. Jerome scritto nel 1903.
Lo scrittore è già di per sé un personaggio e il suo piccolo libro, mai tradotto prima in Italia ci viene restituito in tutto il suo brio da Franca Brea.
«Un libro che ci interessa veramente ci fa dimenticare che stiamo leggendo. Proprio come la conversazione più piacevole avviene quando pare che nessuno in particolare stia parlando […] un buon libro è come un buon pranzo: lo si assimila. Il migliore è quello di cui non ricordate i cibi mangiati».
Si presenta da solo questo testo più che mai attuale pieno di humour inglese e ironia.


L’intero romanzo si svolge in un interno, tra le mura di un salotto dove fa bella mostra di sé un pianoforte che avrà il suo piccolo momento di gloria durante l’esecuzione di una sinfonia di Grieg. Un gruppo di personaggi che oseremmo definire un po’ eccentrici, si riuniscono per prendere il tè nel salotto elegante e confortevole del padrone di casa: la Donna di Mondo, il Poeta Minore, il Filosofo, la Giovane Girton, la Vecchia Signorina. Questi ospiti non hanno un nome proprio, ma la maiuscola attribuita al ruolo sociale riveste il loro status simbolico, e li rende rappresentanti di tutta una categoria. Essi hanno la convinzione di dire sempre cose appropriate, pertinenti e sensate anche se non mancano contrasti o divergenze di opinioni. Ma sono anch’esse necessarie poiché «cosa c’è di meno interessante di una conversazione in cui tutti sono d’accordo? D’altra parte, la divergenza di opinioni è stimolante».


I convitati nella sala da tè lo sanno bene, recitano una parte e, come abili concorrenti, sanno muoversi nel grande gioco della conversazione in società. Infatti la primadonna è proprio la conversazione, declinata al plurale e riflettente la molteplicità degli argomenti, un prolungato scambio di opinioni relativo ai grandi temi: il rapporto uomini/donne, il matrimonio, l’arte, la musica, e la storia dell’umanità passata in rassegna come una lunga evoluzione dalla primitività e dalla barbarie.


Non mancano riflessioni esistenziali sul senso della vita: «Questa vita contiene solo domande […] le risposte alla prossima puntata […] Se si potessero ottenere delle risposte sincere quale fascio di luce potrebbero gettare sulla faccia nascosta della vita».


Il narratore all’inizio fatica non poco a inserirsi nella conversazione, cerca di dire qualcosa ma viene puntualmente interrotto («per favore non parlate»; «evitate di parlare»), eppure alla fine è proprio da lui che arrivano gli spunti più interessanti come “la breve storia francese” o “la storia del pappagallo” perché «il flusso di chiacchiere deve essere tenuto costantemente attivo».


Questa piccola, brillante opera di Jerome si presta a essere rappresentata come una pièce teatrale; sembrerebbe infatti rispettare le tre unità aristoteliche di tempo, di luogo e di azione del teatro classico: è interamente ambientata in un interno (tranne una breve parentesi in giardino) e si svolge in un tempo circoscritto, verosimilmente un pomeriggio: «“Che ora è?” chiese la Giovane Girton. Guardai l’orologio. “Le quattro e venti”. Risposi».


Il lasso di tempo in cui si può gustare una tazza di tè tra gentiluomini e dame si conclude con una circolarità perfetta che rimanda al titolo stesso: «“Prenderò un’altra tazza di tè” disse il Filosofo». L’allusione al tè prelude forse alla fonte d’ispirazione per un nuovo argomento ancora non toccato dagli altri ospiti?


 
(Jerome K. Jerome, Conversazioni all’ora del tè, trad. di Franca Brea, Mattioli 1885, 2012, pp. 103, euro 10,90)