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“Mea Culpa” di C215 (Christian Guémy) alla Wunderkammern

di Giulia Capogna / 9 aprile

Dopo la personale di Miss Tic, la Wunderkammern ospita un altro noto street artist del panorama francese, C215, pseudonimo di Christian Guémy.

Il suo percorso artistico inizia nel 2006 per le strade francesi e ben presto si espande in altre città come Londra, Nuova Delhi, Los Angeles, Barcellona e New York. Questa visibilità lo rende da subito popolare e nel 2008 avviene la sua consacrazione al Cans Festival di Londra, invitato direttamente da Banksy. Attento al particolare e all’espressione umana, i suoi stencil sono esercizi di precisione.

Il suo percorso artistico nasce dallo studio e dalla ricerca; si laurea in storia e teoria dell’architettura ottenendo un dottorato di ricerca. I suoi stencil passano dal monocromo al colore. Come si evolve il suo percorso artistico di ricerca, così anche i suoi soggetti: dalla riproduzione minuziosa di gatti ai ritratti umani, come possiamo vedere in mostra.
 


 

Questi ritratti si basano sull’emotività e cercano di cogliere gli aspetti più segreti e nascosti dell’animo umano: la sua ricerca e la relativa composizione si basano soprattutto sulla rappresentazione della gente comune e del loro vissuto quotidiano. Le sue opere nascono su strada e per strada, ed essendo inserite nel contesto urbano lo rappresentano in modo eccellente, riuscendo a cogliere la verità di quel luogo. Un altro dei suoi modelli è Ernest Pignon-Ernest, pioniere della Urban Art, nato nel 1942 a Nizza, e da lui riprende la fusione dell’arte classica nell’apparato urbano.

La mostra si intitola Mea Culpa ed è visitabile fino al 24 maggio: questo nome riflette sul concetto cristiano dell’ammissione di colpa, ovvero sull’assunzione di responsabilità da parte del mondo ecclesiastico davanti agli errori commessi nel corso della storia, e riprende una delle preghiere recitate durante l’eucarestia, l’atto di colpa.

Il curatore, Giuseppe Ottavianelli, ha deciso di dividere la mostra in zone tematiche, anche se il titolo sembra essere esplicato solo in un’opera, quasi nascosta, “Meine Schuld”, la mia colpa, appunto.

La prima parte è un chiaro ed evidente omaggio a Caravaggio e riproduce alcuni dei quadri simbolo della sua produzione. All’ingresso, sulla grande parete a destra, “Davide e Golia” rappresenta la forza bruta e l’arroganza che vengono sconfitti dall’astuzia e dal coraggio. Un’altra scelta dedicata al maestro è “Giuditta che taglia la testa a Oloferne”, tragica rappresentazione della vittoria del più debole sul più forte, ripresa dalla tradizione giudaico-cristiana. I supporti che l’artista usa sono innumerevoli, dai più classici, muro e tele, ai più bizzarri, come assi di legno riciclate, cabine della posta e delle lettere, lamine d’acciaio, vecchi contenitori di pellicole filmiche e, per non farsi mancare nulla, un pallone da calcio usato.
 


 

Di seguito ci troviamo di fronte a opere dai soggetti cristiani: Madonne e Cristi ritratti ironicamente su barili di benzina vuoti. La cura del particolare è visibile nella serie dei volti umani, raffigurati in tonalità molto chiare in contrasto con i supporti scurissimi.

Nel seminterrato troviamo “La Mala Educación”, situata nell’ultima stanzetta, costruita da pannelli di vetro coloratissimi retroilluminati, dove su ognuno vi è raffigurato un volto di bambino delle favelas. La loro costruzione, pensata in modo verticale e a vetri, ci ricorda una vetrata gotica di una cattedrale.
 


 

Nascosti nei vari cunicoli ci fanno l’occhiolino altri ritratti e una stanzetta. Questa rappresenta una stanza d’artista, un working process, in cui troviamo il lettering di “Mea Culpa” e di “Mea Culpa Maxima” poggiati su un tavolo, opera di un giovane ragazzo romano di nome Rocco, che li ha utilizzati per decorare la vetrata della galleria con il nome della mostra, creati come gesto di amicizia e di legame tra amici e colleghi.

Ritornando al piano terra troviamo una piccola collezione di opere, dedicata al cinema italiano neorealista, con la raffigurazione di alcuni film celebri come Roma città aperta, Ossessione, Anni difficili e Habemus Papam, che ci aiutano a tornare al tema conduttore della mostra, che, possiamo dire, era stato un po’ trascurato.

La mostra vorrebbe sferrare un attacco all’istruzione ecclesiastica, ma forse oltre al dittico “Meine Schuld” in cui troviamo raffigurati Adolf Hitler e Papa Pio XII, che omise la tragica verità dell’Olocausto, non troviamo altri indizi.

 

Mea Culpa di C215
23 marzo – 24 maggio 2013
Wunderkammern, via Gabrio Serbelloni 124, Roma
Per ulteriori informazioni visitare il sito: www.wunderkammern.net