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“Binario morto” di Andrea De Benedetti e Luca Rastello

di Francesco Cargnelutti / 6 giugno

È da quasi vent’anni che in Italia si discute e ci si scontra sull’alta velocità; sul tratto di ferrovia che andrà a collegare Torino a Lione scavando e cementificando, distruggendo e inquinando. Ma, come ogni persona di buon senso sa, il fine giustifica i mezzi e alla fine l’Italia avrà a disposizione una linea capace di garantirle grandi benefici economici e la possibilità di collegarsi a un’Europa che altrimenti la lascerebbe fuori dalla porta. Ne siamo sicuri? È quasi vent’anni, dicevo, che si discute, ma mai nessuno, prima dei giornalisti Andrea De Benedetti e Luca Rastello, autori di Binario morto (Chiarelettere, 2013), era effettivamente andato a scoprire cos’è veramente la Tav europea, il Corridoio 5 – o Corridoio mediterraneo – che, nei piani dell’UE, dovrebbe collegare la penisola iberica all’Ucraina, passando appunto per Val Susa.

Binario morto è il racconto del viaggio che ha portato i due giornalisti da Lisbona alla Spagna, per poi proseguire in Francia, Italia, Slovenia, Ungheria e Ucraina. I capitoli del libro accompagnano il lettore, non senza ironia e colore, alla scoperta di una realtà non solo europea, ma anche italiana, che i media, le amministrazioni e gli imprenditori si sono “dimenticati” di presentare ai cittadini. È un libro importante non solo per chi voglia capire cos’è la Tav e quali sono gli equivoci a essa legati (lo sapevate che si parla di merci e non di passeggeri?!), ma anche per aprire lo sguardo su un’«Europa senza identità né visione comune del futuro, che annette pezzi di sé stessa tramite una ferrovia che interessa pochi»; un’Europa che non riesce a fare i conti con «dispetti, priorità, ripicche e rappresaglie» da parte dei suoi stati. Una divisione che non manca di farsi sentire nella realizzazione del Corridoio mediterraneo, minato dal rifiuto del Portogallo, dal mancato collegamento italo-sloveno e dalla scelta dell’asfalto rispetto alle rotaie in Ungheria: pezzi di un puzzle che lasciano in bocca il gusto amaro di chi si sente truffato, di chi scopre che, dopotutto, se non si fa tutto il Corridoio, perde senso anche il tratto italiano.

Un viaggio alla scoperta delle contraddizioni dell’Unione Europea, ma anche di cosa sia la Tav, di quali siano i costi (economici, ambientali, paesaggistici), i benefici, le previsioni e gli studi, il tutto senza scadere nella pesantezza di una scheda tecnica, anzi. È un libro che si legge d’un fiato ma che lascia dietro di sé una scia considerevole. Il lettore scoprirà, infatti, che i benefici della tratta italiana si faranno sentire solo dopo il 2073, quando probabilmente avremo inventato «le automobili alimentate a saliva e gli aerei a salsa di soia». Sempre, ovviamente, che i dati su cui si basano i progetti non siano stati “gonfiati” per ottenerne l’approvazione. Una Tav a beneficio di chi, quindi? Dei politici, che basano il proprio consenso sui cantieri che porteranno lavoro e sviluppo nella propria zona, ma anche dagli imprenditori che si occuperanno delle costruzioni. Leggendo le pagine di Binario morto si scopre che la Tav in Italia si ridurrà a essere un «Momendol economico», come le Olimpiadi, che creano sviluppo immediato e soprattutto per pochi, ma che, dopo qualche anno, si sgonfiano senza portare molto altro.

Il sociologo Thomas Ericksen, commentando il Tgv francese, scrisse: «Può sembrare un progresso, e tanto più indiscutibile poiché la possibilità di viaggiare veramente è via via impedita da altri progressi della stessa specie. Quel che rimane della campagna, da cui è stato astratto tutto ciò che non si identifica secondo le categorie dell’economia e dove non restano che bistecche a quattro zampe, ettari di prati bonificati e quote di mammelle, non merita più che essere attraversato a grande velocità». Chissà che il lettore, trovandosi davanti l’opera compiuta tra una ventina d’anni, non penserà poi la stessa cosa.


(Andrea De Benedetti, Luca Rastello, Binario morto, Chiarelettere, 2013, pp. 203, euro 12,90)