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“Una stessa notte” di Leopoldo Brizuela

di Giulia Zavagna / 11 giugno

Una stessa notte (Ponte alle Grazie, 2013), dell’argentino Leopoldo Brizuela, ripercorre il periodo della dittatura militare argentina iniziata con il golpe del ’76, cercando di indagare il peso che il ricordo di tali avvenimenti ha ancora oggi nella vita di chi ne è stato testimone.

Leonardo Diego Bazán è uno scrittore sulla quarantina, che da circa sei anni vive di nuovo nella casa dei genitori per occuparsi della madre anziana. Alcuni avvenimenti nel quartiere – in particolare un furto in casa dei vicini, nella notte, che pare essere perfettamente organizzato e spalleggiato dalla polizia scientifica – fanno riaffiorare in lui i ricordi di trent’anni prima, quando Bazán era poco più di un bambino, e una squadriglia di militari fece incursione a casa sua, una notte, alla ricerca di informazioni. L’obiettivo dei militari era proprio la sua vicina dell’epoca, Diana Kuperman, in seguito desaparecida. Sembra incredibile che le stesse dinamiche siano in atto più di trent’anni dopo, e che le persone toccate dal terrore reagiscano allo stesso modo. «Sono entrati», si ripetono i vicini, senza specificare chi, né perché, proprio come all’epoca della giunta militare: quasi una rivisitazione di “Casa occupata” di Cortázar, con la stessa forza data dalla reiterazione, la stessa inquietudine generata dall’insensatezza di quegli avvenimenti.

La descrizione della contemporaneità e dell’angoscia che questi fatti – fin troppo simili alle notti dell’ottobre 1976 – scatenano nel quartiere, si alterna con gli appunti che lo scrittore prende nell’intenzione di scrivere un romanzo proprio su quel periodo, o meglio, su quei venti minuti di terrore in cui un ragazzino di soli dodici anni, una madre e un padre vennero interrogati e minacciati dai militari. La scrittura diventa l’unica possibilità di affrontare quei ricordi, di non perdersi nell’oblio, l’unico modo per capire veramente quella notte, per tollerarla. Non è però impresa facile, richiederà vari tentativi da parte di Bazán: «Per proteggermi da quel ricordo io avevo preso le parti delle vittime. Volevo riuscire a imparare un abbecedario che alla fine, un giorno, mi aiutasse a raccontarmelo, in maniera tollerabile», da qui la scelta di numerare i capitoli con le lettere dell’alfabeto.

Così, alle quattro parti del romanzo corrispondono quattro approssimazioni successive agli stessi eventi, che prendono forma poco a poco nella mente del protagonista. I capitoli ambientati nel ’76 raccontano, da vari punti di vista e sempre più approfonditamente, le stesse vicende (la stessa notte del titolo, in fondo): la storia della desaparición di Diana Kuperman, segretaria di Jaime Goldenberg, il braccio destro di David Graiver, noto imprenditore e banchiere argentino. È così che nella narrazione entrano personaggi e avvenimenti reali che hanno sconvolto il paese: il caso Graiver e le sue implicazioni con Montoneros, la vendita di Papel Prensa, ma soprattutto i luoghi e le modalità di tortura, il timore e la vergogna di coloro che non avevano subito torture fisiche ma erano stati costretti ad ascoltarle, chiusi in cubicoli, al buio e senza cibo per giorni. Parallelamente, assistiamo all’evolversi dei ricordi dello scrittore che, oltre a documentarsi su quel periodo, acquista una maggiore consapevolezza di come la dittatura fosse in realtà da definirsi “civile-militare”, e non semplicemente “militare”: qual è il confine tra la paura, la difesa e il collaborazionismo? Ed ecco che i quesiti sulla responsabilità e la partecipazione di ognuno a quell’orrore – e soprattutto su un’apparente collaborazione del padre stesso di Bazán con i militari – si fanno sempre più presenti, quasi sfiorando l’ossessione.

È così che elementi meta-letterari – la scrittura come catarsi, l’importanza delle singole parole: «È sufficiente chiamarci usando nomi diversi affinché si modifichi tutta la narrazione, e soprattutto il giudizio del lettore» – e autobiografici – lo scrittore protagonista, oltre ad avere le stesse iniziali dell’autore, ne condivide età, provenienza geografica, estrazione sociale e orientamento sessuale – si fondono con la documentazione giornalistica che ha ritratto il paese negli anni della dittatura e in seguito, per dare vita a un romanzo crudo e coinvolgente, meritato vincitore del Premio Alfaguara 2012.

(Leopoldo Brizuela, Una stessa notte, trad. di Chiara Tana, Ponte alle Grazie, 2013, pp. 296, euro 16)