Flanerí

Libri

“Tutte le poesie” di Sylvia Plath

di Fabrizio Miliucci / 28 giugno

A cinquant’anni dalla scomparsa della poetessa, Mondadori ripropone Tutte le poesie di Sylvia Plath nella collana Oscar poesia, per la cura di Anna Ravano. L’autrice americana, che in vita pubblicò prevalentemente in rivista, raccolse in volume solo i componimenti di The Colossus and Other Poems, oltre al romanzo La campana di vetro. Il lavoro più noto, Ariel, farà la sua comparsa a due anni dal suicidio, nel 1965.

Sylvia Plath fu da subito l’oggetto di un culto legato alla sua vicenda biografica. Il corpo di questo prodigio delle lettere, completamente votata alla poesia, moglie e madre tradita, è stato spesso confuso col corpus dei suoi scritti.

Le sua è una voce netta, che mescola l’esigenza narrativa e confessionale all’ascendenza onirica e pagana di una classicità ormai estranea a se stessa:
 

Dopo il disastro

[…] Mamma Medea in grembiule verde
si muove umile come una comune casalinga
tra i suoi appartamenti distrutti, passando
in rassegna scarpe carbonizzate, poltrone zuppe:
defraudata del rogo e della ruota,
la folla le succhia l’ultima lacrima e se ne va.
 

Aftermath

[…] Mother Medea in a green smock
Moves humbly as any housewife through
Her ruined apartments, taking stock
Of charred shoes, the sodden upholstery:
Cheated of the pyre and rack,
The crowd sucks her last tear and turns away.

 

Ne risulta una realtà espressiva in cui dominano i colori forti e su tutti il nero, universo di possibilità mancate. La personalità poetica di Sylvia Plath, in virtù di una precisione da studentessa modello in contrasto/continuità con le pulsioni edipiche e primigenie, costringe il lettore o l’ascoltatore a prestare attenzione ai suoi versi. Sopravvive in queste liriche di metà Novecento una forza prevaricatrice che annulla la volontà altrui e rende se stessa “estetica necessaria”.

L’evoluzione di questa poetica tra il 1956 e il 1963 è raccontata dal premio Nobel Seamus Heany nel saggio introduttivo «Battito di zoccoli incessante»: «in queste poesie», scrive Heany, «le convenzioni del modernismo e le intuizioni della psicologia sono comunicate in un idioma intensamente personale, e allo stesso tempo completamente accessibile».

Questa nuova edizione di Tutte le poesie ordina i componimenti per anno, smembrando così i nuclei delle raccolte pensate dall’autrice. Tuttavia la scelta è discussa e motivata in una nota alle vicissitudini editoriali che le poesie della Plath hanno attraversato.
 

Donna sterile

Vuota, rimando l’eco di ogni minimo passo,
museo senza statue, grandioso di colonne, porticati,
rotonde.
Nel mio cortile una fontana balza e riaffonda dentro di sé,
un cuore monacale, cieca al mondo. Gigli di marmo
esalano il loro pallore come profumo.

Mi immagino con un grande pubblico,
madre di una bianca Nike e di molti Apolli dagli occhi
vuoti.
Invece i morti feriscono con loro attenzioni, e non
Può accadere nulla.
La luna mi posa una mano sulla fronte,
senza espressione e muta come un’infermiera.
 

Barren woman

Empty, I echo to the least footfall,
Museum without statues, grand with pillars, porticoes,
Rotundas.
In my courtyard a fountain leaps and sinks back into itself,
Nun-hearted and blind to the world. Marble lilies
Exhale their pallor like scent.

I imagine myself with a great public,
Mother of a with Nike and several bald-eyed Apollos.
Instead, the dead injure me with attentions, and nothing
Can happen.
The moon lays a hand on my forehead,
Blank-faced and mum as a nurse.

 

Probabilmente l’attualità delle poesie di Sylvia Plath consiste nell’aver lavorato per tutto il corso della sua vita artistica nelle prossimità del proprio limite, di aver fatto di preferenza, se così si può dire, opera di fortificazione più che di edificazione. In virtù di un talento cristallino la Plath si è mossa avanti e indietro nei territori concessi a lei per diritto di nascita, adattando la propria idea e la propria educazione all’ordine naturale di un paesaggio boschivo.

Questa poesia che per molto tempo si è voluta incentrata su una serie di divisioni forti e laceranti in realtà conosce molti momenti performativi, che a scadenza decennale, come ci dice la poetessa, andavano incontro a un irrimandabile conto col passato.
 

L’ho rifatto.
Un anno ogni dieci
mi riesce–
[…] Ho trent’anni soltanto.
E come i gatti ho nove volte per morire.
Questa è la Numero Tre.
Quanto ciarpame
da annientare ogni decennio,
che miriade di filamenti.
(Da Lady Lazarus)
 

(Sylvia Plath, Tutte le poesie, trad. di Anna Ravano, Mondadori, 2013, pp. 870, euro 18)