Flanerí

Varia

“Banshee” di Jonathan Tropper e David Schickler

di Michele Zara / 3 luglio

Qualche giorno fa qualcuno mi ha detto: per caso hai mai visto Banshee? La mia risposta è stata: mai sentita nominare.

Dopo qualche giorno ero diventato fan di una delle serie televisive più folli mai create!

Volendo fare dei paragoni potremmo parlare di un Kill Bill serializzato ma con molti più personaggi approfonditi lungo i dieci episodi di questa prima stagione (oltre che nei web-episode denominati Banshee: Origins).

La serie racconta di un ex galeotto che, a causa di varie vicende si ritrova a fare lo sceriffo in una cittadina della Pennsylvania: Banshee appunto. Preferisco non andare oltre questo incipit per non rovinarvi le varie sorprese, e colpi di scena disseminati lungo le varie puntate.

I creatori si sono sbizzarriti a mettere di tutto in questo serial, dalla violenza estrema, a una storia d’amore, dai cliché da prison-movie fino ai gangster, amish e tanto tanto altro.

Alan Ball, produttore di True Blood, in effetti è abbastanza avvezzo ai miscugli di generi differenti nelle opere da lui prodotte.

Ciò che colpisce, in un’analisi più dettagliata, sono le due anime di ogni personaggio, anche in quelli più marginali. Ogni comparsa, anche quella apparentemente più inutile, è in realtà qualcosa di diverso da ciò che sembra, e questo rende Banshee molto intrigante, come a suo tempo fu Twin Peaks, serie capostipite di un intero genere, ambientata in un’altra cittadina nell’America più provinciale. Ultimamente negli Stati Uniti, dalle solite città metropoli in cui gran parte del cinema e della televisione ambientavano le proprie storie, si è infatti passati a raccontare la provincia, l’entroterra americano – altrettanto affascinante – in genere dominato da un’atmosfera molto pacifica e perbenista che in realtà nasconde tanto marciume, lo stesso che viene fuori nelle cronache internazionali.

I registi che si sono alternati nei vari capitoli della storia hanno tenuto conto anche di questo, facendo ad esempio uso di macchina a mano in una scena ambientata in una scuola, oppure soffermandosi con particolare ricchezza di dettagli su alcuni scontri molto violenti, come quelli che spesso avvengono in alcune ridenti cittadine americane.

La doppia anima degli USA è quindi nascosta nei personaggi finti ed estremizzati di Banshee, così come in alcune realtà provinciali. È possibile che il mio sia un entusiasmo eccessivo, nato da un prodotto di semplice e puro intrattenimento, ma credo che un’analisi più approfondita di una serie che, come Breaking Bad, racconta atmosfere e luoghi differenti dall’America che siamo soliti trovare sul piccolo schermo penso debba essere fatta. Molti degli autori più sensibili – come è già accaduto negli anni Sessanta e Settanta con la fantascienza – ci hanno raccontato le loro paure più radicate (la minaccia del Vietnam e della Russia, la bomba atomica, ecc.). Allo stesso modo, gli autori dei nostri giorni ci raccontano spesso di personaggi non più eroici ma corrotti, forse proprio come la loro amata patria.

Mi raccomando, dopo ogni episodio non scordate di guardare i titoli di coda fino in fondo.