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Libri

“Il testamento Disney” di Paolo Zanotti

di Mattia Pianezzi / 15 novembre

A qualche mese dalla scomparsa dell’autore Paolo Zanotti la casa editrice Ponte Alle Grazie pubblica Il testamento Disney.

La trama, narrata in prima persona dal protagonista come una storia del suo recente passato, è semplice: un gruppo di amici un po’ bizzarri (anche se la parola giusta forse sarebbe disadattati) di Genova si riunisce per perdere tempo in attesa della «trentennificazione», o meglio per evitarla; si vedono a casa di quello che sembra il loro capo spirituale (che tiene e scrive anche una sorta di testo sacro, il «Quaderno per il futuro montaggio») e si danno dei nomi che hanno a che fare con l’universo del fumetto Disney. Gastone, Paperetta, Eta Beta, Pluto e il personaggio principale, Paperoga vivono la loro «stuntown», la città-controfigura delle grandi città, scappando dalle responsabilità.

L’ingranaggio che fa muovere tutto il romanzo è la ricomparsa di Zenobia – alias Anna, in passato ragazza di Paperoga – che dopo oltre dieci anni di sparizione totale riappare nei panni di una zingara da leggenda metropolitana, una zingara che rapisce i bambini. Da quel momento in poi le leggende metropolitane cominciano a essere riportate dai giornali come messaggi per il gruppo stesso, che cerca di tenerne conto e di inseguire l’ombra fantasmatica di Zenobia, presentendo uno stretto collegamento tra la sua ricomparsa e i fatti assurdi che iniziano ad accadere. E Zenobia comincia a riaffiorare anche dal passato, con dei videomontaggi di vecchi programmi televisivi in cui è giustapposto il suo viso a quello effettivo, che Eta Beta il guru mostra a un Paperoga sempre più disturbato.

Il protagonista perde il senno dividendo idealmente il romanzo in due parti: da un lato la ricerca metodica e quasi sensata della zingara Zenobia e dall’altro le visioni di un Paperoga sempre più paranoico, che decide addirittura di vivere una vita da senzatetto di cui presto perde le redini, confondendo i giorni tra loro e perdendo completamente il filo dell’esistenza. A terminare la visione, il sogno, Zanotti fa intervenire la cruda realtà, più spietata di qualsiasi leggenda.

Il manoscritto, completato più di dieci anni fa, venne rifiutato da diverse case editrici per uscire solo quest’anno. La premessa è necessaria per inquadrare il tempo di scrittura de Il testamento Disney, per molti versi uno dei tanti figli letterari degli anni Novanta.

Lo si nota dal collocamento degli oggetti, dalle marche in bella vista; da subito ripresenta i non-luoghi tipici (ad esempio Anna viene rivista per la prima volta nel parcheggio di un supermercato), lievemente increspati da luoghi e oggetti personali o familiari – o che ambiscono a esserlo – come l’isola «non segnata su nessuna mappa» di melvilliana memoria o il pupazzo dell’ammorbidente Coccolino, visti con gli occhi nostalgici di chi ha vissuto il cambiamento, la perdita di senso. Il padre morto di Paperoga è la cicatrice indelebile nel passato che rende il romanzo quello che è, trasforma i luoghi dei ricordi in non-luoghi qualunque.

Ricorrono i personaggi e i programmi televisivi, come Chi l’ha visto, a cui si erano rivolti per ritrovare Anna dieci anni prima, o i documentari sugli animali, che avviluppano la mente del narratore che analizza il mondo proprio come farebbe Super Quark. Fa la sua apparizione un linguaggio informatico fuori contesto, con espressioni come l’«esecuzione automatica» di un’azione, l’«esplora risorse» di sé stessi, una vita data «in shareware».

Il titolo del libro fa riferimento anch’esso a una leggenda metropolitana, quella sulla presunta volontà postuma di Walt Disney di essere ibernato. Come gli abitanti dei fumetti anche quelli di Il testamento Disney parlano con onomatopee quali «sgrunt», «puff pant» e simili. Più in generale, il linguaggio è incalzante e lo sguardo sul mondo ironico.

Il romanzo di Zanotti stupisce per brillantezza e originalità; viene spesso da chiedersi (quando tiri il fiato e riesci a chiuderlo per un po’) perché non sia stato pubblicato prima. Non perché sia un libro di quelli che chiamano necessari, ma per la dolcezza della prosa, il piacere della lettura, lo sguardo delicato sulle cose; poi si ritorna a leggerlo, come rapiti.

(Paolo Zanotti, Il testamento Disney, Ponte alle Grazie, 2013, pp. 317, euro 16)