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Musica

[RockNotes] Le uscite di dicembre

di Redazione / 13 dicembre

I Cani, Glamour
(42Universal)

Siamo passati da Il Sorprendente Album D’Esordio Dei Cani al “Normalissimo Secondo Album”. I Cani sono una delle poche band indie italiane ad aver avuto successo grazie ai social network: ciò ha smosso un corposo numero di fan e altrettante critiche. Ora, gli stessi fan che hanno promosso la loro fama, sembrano voler riscuotere: leggete su YouTube i commenti alle nuove canzoni e capirete. Glamour conferma la formula: synth-pop intrigante e testi ipermoderni cinici e indelebili. Prodotto da Fontanelli degli Offlaga Disco Pax, meno ispirato e più celebrativo (guardate alcune citazioni nei titoli dei brani), il disco non entusiasmerà e creerà dibattito come il primo, ma sicuramente è già nella colonna sonora delle giornate di tanti giovani romani. E non solo.


Throwing Muses, PurgatoryParadise
(Cash MusicThe Friday Project)

Leggi Throwing Muses, vedi Kristin Hersh: ovvero eroina storica dell’indie-rock. Trentadue canzoni – alcune poco più che una bozza – dopo dieci anni di silenzio. Un periodo segnato da passaggi tra Purgatorio e Paradiso, come il titolo suggerisce, capace di generare però anche momenti molto validi, ancora segnati dalla voce e dal carisma della Hersh. Da segnalare il piccolo libretto all’interno di PurgatoryParadise in cui la cantante abbina un racconto a ogni brano. Dieci anni sono lunghi e spesso solo la musica non basta.


Yoko Ono Plastic Ono Band, Take Me to the Land of Hell
(Chimera Music)

Magari un giorno saremo liberi dai pregiudizi e dalle antipatie nei confronti di Yoko Ono e potremmo goderci liberamente la sua musica. La sua pregevole musica. Togliendoci dalla testa tutti i legami con i Beatles e il periodo con Lennon (sì lo so, è difficile ma provateci!), ciò che appare limpidamente è un’artista di valore puro. Come d’altrettanto valore è il disco Take Me to the Land of Hell, impreziosito da una lista lunghissima di guest-star all’interno della Plastic Ono Band: il figlio Sean, Mike D dei Beastie Boys, Lenny Kravitz, Antony and the Johnsons, solo per nominare i più famosi. Un disco contaminato e variegato, ma comunque coerente e compatto, tre elettronica, rock, jazz e sperimentazione. Insomma, il tipico lavoro alla Yoko Ono.


Los Campesinos!, No Blues
(WichitaTurnstileHeart Swells)

Dopo il depresso Hello Sadness, il sestetto indie di Cardiff – non fatevi ingannare dal nome spagnolo – torna con il più vivo No Blues. Primo disco senza la bassista storica, i Los Campesinos! cercano di svariare negli strumenti e nelle formule compositive, nella speranza di ritrovare quell’entusiasmo che si era un po’ perso: sia tra di loro, che tra fan e critica. No Blues non è la loro salvezza, ma sicuramente un passo avanti fatto di qualche ritornello in più da cantare a piena voce.


Neil Gaiman e Amanda Palmer, An Evening with Neil Gaiman & Amanda Palmer 
(Cooking Viny/Edel)

Da segnalare visti i nomi in questione, che messi insieme suscitano non poca curiosità. Lui, oltre a essere uno scrittore di successo, è il papà di Sandman: per non offendere gli appassionati di graphic novel non lo presenteremo ulteriormente. Lei, è un autrice pop istrionica, originale e blasonata dalla critica più chic, passata di recente alla cronache per essere riuscita – oltre i più floridi propositi – a farsi finanziare l’ultimo disco da solita dai suoi fedelissimi fan tramite il crowdfunding. Questo box-set fatto di tre dischi racconta gli esisti di alcuni live in cui si intrecciano le poesie e i racconti di Gaiman, le performance della Palmer e alcuni clamorosi duetti tra i due. Bizzarro quanto interessante, classico esempio di disco che non ti aspetti da una coppia che non ti immagini. Con risultati gradevoli.


Il Muro del Canto, Ancora Ridi
(Goodfellas)

E a proposito di band romane giunte al secondo disco, c’è chi, come Il Muro del Canto, alza il livello. Dopo quel grande disco che era L’Ammazzasette avevamo iniziato a gustare questa formula fatta di folk e rock e i meravigliosi testi provenienti dalla tradizione romanesca, fatta di anticlericalismo, violenza e ammazzamenti d’amore. Con Ancora Ridi la formula non cambia e un respiro più ampio circonda le canzoni, sempre feroci, furiose e incalzanti, scandite dalla voce di Daniele Coccia. Il talento e la bellezza sono clamorosi, in grado di varcare i confini capitolini.