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“Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler” di Massimiliano Parente

di Antonio Scerbo / 11 marzo

«È tutto molto più superficiale di quanto sembra, ma è tutto molto più profondo di quanto non sembra una volta che hai stabilito che è superficiale, in quanto la superficialità, un certo tipo di superficialità, a pensarci profondamente, è molto meno superficiale della supposta profondità»: così Max Fontana sulla Nazi Pop Art, da lui stesso creata centrando l’aspetto estetico del nazismo. Tutto un programma. Fontana non è semplicemente un genio, proprio no, è se mai L’artista più grande del mondo dopo Adolf Hitler (Mondadori, 2014). Non si scherza con Max Fontana, non con l’uomo che ha raggiunto la famosità nel Musée d’Orsay eiaculando su L’origine della vita.

Da allora, un’escalation irrefrenabile, con la propria aura benjaminiana e con Martina, uno scimpanzé con le Nike Shox, come Fontana, che porta anche capelli verdi dal taglio hitlero-jacknicholsoniano spettinato. Un genio conclamato. E nessuno gli tocchi Martina, nessuno. E poi donne con le unghie smaltate di rosso, soprattutto quelle dei piedi, perché Max Fontana su certe cose non transige. Però per Selvaggia e Adele ha sofferto tanto. Ma la vita continua, masticando Vigorsol Hawaiian Cult e prendendo – ovviamente in maniera ossessivo-compulsiva – il Vicodin di Dr. House, idolo di Fontana, insieme a Dexter o al vecchio Duchamp. Ma il migliore, è superfluo ripeterlo, resta Hitler, si dica di lui ciò che si vuole, ma Hitler signoreggia, Hitler è un artista, ha realizzato il nazismo e in più incarna l’inconscio collettivo.

È un mondo difficile, certo, ma se hai i neuroni artista ti riescono cose incredibili, tipo Homicide Box, un appartamento con dentro un frigorifero per gelati con dentro il cadavere di Michelle Mutis: opera insuperabile. Con buona pace di Michelle, prima ingaggiata come segretaria da fellatio e poi assassinata con un fallo finto da un Max Fontana in preda alla gelosia. Capita, purtroppo; e pazienza, dai. Anzi, no; arte: si veda Cazzo marmoreo di Man Ray usato come arma di un delitto preterintenzionale non ancora scoperto, con ancora attaccati residui organici della vittima.

Twitta, Max Fontana, twitta con la stessa facilità con cui maneggia ready-mades; crea consensi: è l’uomo nuovo. Veramente troppo bello per essere vero. E infatti le cose precipiteranno.

Poco importa. Massimiliano Parente si immerge in questi tempi saturi di ogni cosa con un romanzo sopra le righe, scanzonato, istintivo e in verità tremendamente triste. Non si può non amare Max Fontana, è dentro di noi, sfacciatamente vivo, è nei nostri retropensieri, dove albergano poche virtù e tanti vizi, idee riciclate e pretese intellettualoidi: il regno dell’attualità, nella quale ridicoli lottiamo per il riconoscimento senza avvertire il fallimento, inconsapevoli del nostro statuto di spore del pressappoco. Struggenti le ultime pagine, sulle orme di Thelma & Louise. Poi il salto, che è una scelta, una presa di distanza… Ancora un capolavoro, l’ultimo, per Max Parente.


(Massimiliano Parente, Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler, Mondadori, 2014, pp. 408, euro 18)