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“Oscura immensità” per la regia di Alessandro Gassmann

di Federica Imbriani / 20 marzo

Un atto di violenza che spezza due vite innocenti e lega indissolubilmente i sopravvissuti in un rapporto vittima-carnefice soggetto a continue inversioni. Sullo sfondo i grandi binomi: giustizia e vendetta, perdono e pena. Questo è Oscura immensità, tratto dal romanzo L’oscura immensità della morte di Massimo Carlotto e in scena al Teatro Eliseo di Roma per la regia di Alessandro Gassmann.

Raffaele Beggiato, condannato dalla colpa e dalla malattia, e Silvano Contin, l’uomo a cui sono stati portati via moglie e figlio, si incontrano dopo quindici anni di fronte alla richiesta di grazia dell’omicida ammalatosi di cancro. È possibile perdonare l’assassino della propria moglie e del proprio figlio? È possibile perdonarsi per aver commesso un atto così atroce? La malattia è una punizione? Inferta da chi? Il carcere dovrebbe avere una funzione punitiva o rieducativa? E a cosa serve invece? Domande in cui riecheggiano fatti di cronaca e grandi temi di filosofia e che ingolfano la sinossi semplice di questo spettacolo disperato, che, forte di una messa in scena particolarmente interessante, tra bianco e nero è tracimato oltre il bordo del buio e ha eliminato ogni sfumatura di grigio.

«Adesso la storia si fa antica» annuncia Silvano Contin dando una soluzione al difficile problema che l’adattamento teatrale di Oscura immensità pone al pubblico, rivelando come la forza di questo testo sia che la soluzione, per quanto amara, è quella che i personaggi percepiscono come giusta, ma non necessariamente quella che il pubblico, inteso non già come intelligenza collettiva quanto come insieme di singole individualità, potrebbe o meno condividere o apprezzare.

Lo stesso Carlotto rivela come la genesi del romanzo da cui si è dedotto il testo teatrale abbia richiesto un profondo studio delle realtà complementari, ma non alternative, delle vittime e dei condannati di e per crimini violenti e il valore dell’approfondimento è sottolineato dalla mancanza di retorica e dalla schiettezza con cui l’opera apre la mente dello spettatore alla riflessione consentendogli di spingersi già liberato da ogni falso pudore alla ricerca della propria personale risposta al dilemma tra vendetta e perdono.

Lo spettacolo, per quanto di forte impatto emotivo e visivo, soffre però dell’incompleto passaggio dalla parola scritta a quella scenica. Il testo non riesce a scollarsi con la decisione richiesta dalle pagine da cui proviene e nelle alternanze tra l’una e l’altra delle voci narranti sembra quasi di sentire calare, come una mannaia, il silenzio della pagina bianca che separa i capitoli di un libro.

La rappresentazione si svolge all’interno di scatole cinesi: piccole nicchie di spazio che emergono dal buio opprimente e rivelano il lavorio incessante di una macchina scenografica di proporzioni inattese. All’interno dello spazio delimitato da una quarta parete visibile, scelta come schermo per le videoproiezioni di Schiavoni, compaiono settori geometrici che contrappongono i personaggi e le dicotomie da loro rappresentate.

Casadio è veramente credibile nei panni di Raffaele Beggiato e i suoi monologhi, in cui si cede solo raramente alla tentazione di esternazioni urlate e poco credibili, sono graffianti e intensi quasi quanto il timbro ipnotico della sua voce. Scarpati, contribuisce a mantenere in equilibrio la bilancia della messa in scena quando, incarnando con inaspettata capacità d’inquietare, così iconograficamente vicino al Christian Bale di American Psycho, la gioia feroce della vendetta, si riavvicina al personaggio dal quale, a inizio spettacolo, dava l’impressione di aver preso le distanze.
 

Oscura Immensità
Tratto dal romanzo L’oscura immensità della morte di Massimo Carlotto
regia di Alessandro Gassmann
con Giulio Scarpati e Caludio Casadio
scene Gianluca Amodio
 

Prossime date
Roma – Teatro Eliseo dal 18 al 30 marzo
Torino – Teatro Gobetti dal 1 aprile al 6 aprile
Genova – Teatro della corte dall’8 aprile al 13 aprile