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Musica

Pontiak @Circolo degli Artisti, 10 aprile 2014

di Simone Mercurio / 16 aprile

Quando i tre fratelli Carney salgono sul palco del Circolo degli Artisti di Roma, l’immaginario folk più classicamente americano, country e bucolico prende il sopravvento, e chi non li conosce potrebbe pensare a una band “cugina” di Fleet Foxes, Bon Iver o ai pronipoti dei Canned Heat. Le barbe lunghe e rossicce di Jennings e Van (rispettivamente basso e voce/chitarra), quella nera e foltissima di Lain, il batterista, le loro camice a quadrettoni da boscaioli, lasciano pensare di essere capitati a un concerto che ripercorrerà quei suoni e quelle atmosfere. A un tratto però si fa buio sul palco e i Pontiak lasciano cadere le loro camice a scacchi per più comode t-shirt. Parte il potente riff tra chitarra e batteria di “Ghosts”, terza traccia del loro ultimo lavoro Innocence (Thrill Jockey, 2014). La batteria di Lain è potente, come la chitarra sferzante e l’incedere del basso. La chitarra elettrica di Van apre squarci e le voci dei due fratelli in piedi creano e danno vita al “curioso” intreccio sonoro dei Pontiak. Un mix di voci folk, ritmiche rock, blues, slanci psichedelici e hardcore. Il “cubo” del Circolo degli Artisti si trasforma in un catino di vibrazioni rock. Citando Julian Cope, il suono dei Pontiak è come «una cavalcata hard dei Black Sabbath cantata da Jim Morrison». Certo è che gli amplificatori del Circolo romano e i timpani dei presenti sono messi a dura prova per la potenza emessa.

Innocence, appena pubblicato dai tre fratelli, è stato registrato in Virginia, presso la fattoria di famiglia Carney, ed è un condensato di suoni e potenza di psichedelia rock “dura e cruda”. Il riff killer di “Surrounded by Diamonds dal vivo è un bomba all’idrogeno con i suoi slanci chitarristici hendrixiani. Alle cavalcate potenti si alternano brani dall’approccio più morbido come la ballad quasi onirica “Part III” tratta da Comecrudos del 2011, che parte piano in un crescendo sonoro “classico” tra chitarre acustiche, basso e batteria.

Un paio di brani più coriacei e arriva poi la splendida “The Expanding Sky” da Echo Ono (2012) che esalta le capacità vocali di Van e Jennings. Solo due brani dal disco di esordio Sun on Sun del 2008, la vigorosa e cupa “Shell Skull” e “White Hands”.

Poco più di un’ora e venti minuti di vibrante e poderoso live per i Pontiak, preceduti dai bravi Thee Elephant e Rubbish Factory che hanno aperto il live.

A fine concerto i Pontiak, dopo aver ininterrottamente sciorinato tutti i brani di Innocence arrivano agli immancabili bis con il loro “classico” “Lions of Least” tratto da Echo Ono e la chiusura corale con “Being of the Rarest”, si concedono al pubblico firmano vinili e poi, da bravi musicisti indie e “caserecci” smontano il palco da soli e pacco dopo pacco riempiono il loro furgone che in questi giorni li sta portando in giro per l’Europa. Chi osa affermare ancora che il rock è morto?

Pontiak
10 aprile 2014
Circolo degli Artisti, Roma.