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Cinema

“Alabama Monroe - Una storia d’amore” di Felix Van Groeningen

di Francesco Vannutelli / 6 maggio

Elise e Didier non sono una coppia come ce ne sono tante. Lei è una tatuatrice nel Belgio di metà anni Novanta, lui suona il banjo e canta in una band bluegrass. Si conoscono e si innamorano in fretta. Vanno a vivere insieme in una casa nella campagna belga che prova a essere Tennesse, con gli spazi grandi e i cavalli al pascolo. Lei rimane incinta e diventano una famiglia, con la piccola Maybelle che cresce circondata dall’amore dei suoi genitori e di tutti i musicisti sgangherati e improbabili che girano lì intorno. Poi però arriva la malattia, della bambina, la peggiore, e il legame che unisce Elise e Didier vacilla prima, per poi crollare.

Il titolo originale di Alabama Monroe – Una storia d’amore è The Broken Circle Breakdown (che rimanda, ribaltandone il senso, a un classico della musica folk inciso anche da Johnny Cash, “Will the Circle Be Unbroken”, che viene cantato più volte durante il film), traducibile come “il collasso del circolo spezzato”. Il circolo è la famiglia formata da Elise, Didier e Maybelle, la rottura è la malattia, il collasso le conseguenze. La scelta del titolo dei distributori italiani (c’è una ragione che si rivela nell’ultima parte, per Alabama Monroe) sposta l’attenzione dal nucleo completo alla sola dinamica di coppia. Non che un film possa risentire dei nomi della distribuzione, ma si perde un po’ di lirismo – prassi comune nella scelta dei titoli – e di aderenza alle dinamiche. Non è solo una storia d’amore, quella di Elise e Didier, è una storia di diversità serena, di anomali in un piccolo mondo di anomali autosufficienti che si ritrova a doversi scontrare con una realtà altra, ed esterna, fatta di letti di ospedale e terapie invasive.

Probabilmente se c’è qualcosa di peggio di perdere un figlio per dei genitori è perderlo ancora bambino vedendolo sparire giorno dopo giorno, aggrappandosi a speranze che non si vogliono credere come illusorie. È un dolore scolpito nell’alabastro. Elise e Didier affrontano la malattia della bambina senza mettere in discussione il loro stile di vita. Soprattutto Didier non cede al conforto della religione, o comunque di una trascendenza rassicurante, neanche di fronte alla disperazione della figlia di fronte a un uccello morto. Eppure è un conforto credere che qualcuno perso possa tornare in un’altra forma, o diventare una stella da guardare la notte.

Mentre Didier cerca colpe in chi non può averne, guardando agli Stati Uniti di Bush che bloccano la ricerca delle staminali, dimenticando che in Belgio è invece terapia comune, provata anche con Maybelle, e perdendo il mito della terra di libertà oltreoceano, Elise crolla in se stessa. La casa, rifugio da un mondo non appartenuto, diventa una disperata prigione di convivenza, i nomi con cui si è soliti essere chiamati delle condanne, i tatuaggi che accumula sulla pelle come mappa della sua vita il segno indelebile di qualcosa che non può più essere.

Puntellato da splendide canzoni country folk eseguite dagli stessi attori che dividono i momenti e gli episodi quasi per capitoli, Alabama Monroe è una storia di amore distrutto che non cede a facili retoriche del dolore e mostra invece l’umanità carnale e irrazionale della perdita e della sofferenza.

Felix Van Groeningen accompagna lo spettatore all’interno della vita dei suoi protagonisti fissando due estremi: l’inizio della conoscenza nel 1997 e l’inizio della malattia del 2006, poi si muove avanti e indietro nel tempo perlustrando la loro storia.

Lo fa con una tristezza dolce, con momenti di poesia quotidiana (l’accoglienza dei musicisti al ritorno in casa di Maybelle; i funerali cantati), senza indugiare nella mostra del dolore, che è totalizzante e definitivo. I suoi attori fanno il resto. Johan Heldenbergh, anche autore della pièce da cui il film è tratto e regista delle rappresentazioni teatrali, ci mette una carica animalesca nell’entusiasmo, nelle canzoni, nella disperazione. Veerie Baetsen, premiata come miglior attrice agli European film award, usa il corpo e la pelle per diventare Elise.

Premiato ai César, e ai Saturn Awards, era nella cinquina dei candidati all’Oscar per il film straniero. Insieme a Il sospetto di Vinterberg era il principale rivale di La grande bellezza di Paolo Sorrentino.

 

(Alabama Monroe – Una storia d’amore, di Felix Van Groeningen, 2012, drammatico, 100’)