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Musica

“∞ (Infinity)” di Yann Tiersen

di Martina Sanzi / 30 maggio

∞ (Infinity) è l’ultima fatica discografica di Yann Tiersen, musicista di origini bretoni che dopo ben quindici anni di carriera e camaleontiche svolte artistiche è in grado di dire ancora tanto ed è capace di farlo in modo estremamente complesso. Non ci soffermeremo troppo sul suo passato, sulla guerra che ha combattuto contro l’accademismo musicale, nonostante debba molto agli studi classici, né parleremo del marchio che pubblico e critica hanno affibbiato al musicista francese dopo il successo strepitoso della pellicola di JeanPierre Jeunet Il favoloso mondo Amelie, di cui è difficile scordare l’originalissima colonna sonora.  Superata questa fase, dopo diverse collaborazioni artistiche (da Elizabeth Fraser, Shannon Wright e Neil Hannon dei Divine Comedy), Yann Tiersen decide di scrollarsi di dosso questo marchio, intraprendendo strade nuove, soluzioni complesse quanto le precedenti ma in maniera diversa. Il primo tentativo sperimentale arriva con il duro e sofferto lavoro Dust Lane (2010), che prosegue poi con la sua nemesi gioiosa e positiva Skyline (ad appena un anno di distanza dal precedente) approdando poi al nuovissimo ∞ (Infinity), che nonostante sia un diretto discendente di questi due sopracitati lavori, vanta di una consapevolezza artistica eccezionale in cui l’impiego di elementi contrastanti vanno a creare un sound primordiale di una compattezza sonora che attrae sin dal primo ascolto. 

Non appena ci immergiamo nelle atmosfere di ∞ (Infinity), infatti, ci accorgiamo che il disco, registrato tra  l’isola di Ouessant e Brest (luoghi nativi e molto cari al compositore francese) e l’Islanda, rispecchia perfettamente le ambientazioni algide e silenziose  tipiche del nord Europa. Molti degli artisti che hanno collaborato al disco (oltre ai musicisti che compongono la live band  con cui Tiersen fa spesso il giro del mondo), infatti, sono nord europei: dagli archi soffici e delicati delle Amiina, allo voce profonda dello scozzese Aidan Moffat (Arab Strap), che in “Meterorites” ci trasporta e ci guida in un  mondo addormentato e nebuloso, fatto di  suoni avvolgenti e freddi allo stesso tempo. Yann Tiersen va dritto al sodo, punta alle nostre coscienze, ci obbliga a riflettere. L’utilizzo di diverse tessiture sonore, come gli innesti tra strumenti tradizionali tipici dell’impronta artistica di Tiersen e le parti elettroniche, tra oscillatori, synth e manopole analogiche, ci portano in un universo ben costruito, di cui quasi non abbiamo mai sentito parlare ma che sappiamo bene trovarsi lì, ad aspettare noi. L’aspetto melodico rappresenta una delle cose più difficili da interpretare, poiché spesso voci e parti testuali vengono impiegati al pari degli altri strumenti, tutti volti a dare un senso poetico e musicale al brano. Probabilmente, è proprio per questo motivo che Yann Tiersen decide di avvalersi di diversi linguaggi testuali: utilizza infatti il  dialetto bretone  in “Ar MaenBihan”, ilfaroese nella bellissima “Grønjord” (lingua madre del suo amico e collaboratore Olavur Jakupsson) e infine l’islandese nella oscura e macabra “Steinn”.

L’intento spudoratamente dichiarato è quello di rendere il discorso musicale fluido, scorrevole, percepito come un’unica unità di tempo, concetto molto caro al musicista francese, che negli ultimi lavori ha raggiunto ormai un apice di ricerca sonora, minimale non tanto nell’ensemble strumentale, quanto più a livello teorico-filosofico. (Infinity) è l’urto continuo con una massa sonora che ci colpisce di prepotenza: un buco nero in cui siamo risucchiati senza poter far a meno di voler scoprire cosa viene brano dopo brano. Stupisce infatti come, dopo aver ascoltato l’introduttiva e primordiale “Infinity” e  “Slippery Stones, arrivi  la dolcissima e melodica “A Midsummer Evening”, singolo che ha anticipato anche l’uscita dell’album. Ci accorgiamo con quanta semplicità vengano affrontante e risolte problematiche di per sé molto complesse  da gestire. Yann Tiersen non ha paura di provare nuove soluzioni e di stravolgere vecchi concetti: evidente è il richiamo allo stile di Steve Reich rivisitato in chiave elettronica e del tutto personale nel brano “Ar Maen Bihan(o nella parte introduttiva di “The Crossing”) e, come subito dopo una chiusura distorta tipicamente Joy Division, si arrivi  alla felicissima “Lights, guidata e tenuta insieme dalla timbrica del toy piano (strumento importantissimo per Tiersen sin dalle origini della sua carriera). Del tutto naturale quindi diventa poi il percorso dell’album che prosegue con la fresca e armoniosa “Grønjorde non ha paura di ritornare cupa e oscura in Steinn. Un lavoro che convince e ci porta fuori dal mondo esterno spingendoci a scoprire infiniti nuovi particolari ascolto dopo ascolto.

Non ci resta che vedere quale sarà lo sviluppo live di (Infinity). Come spesso lo stesso Tiersen tiene a sottolineare, la dimensione dal vivo è un processo creativo a se stante rispetto al lavoro in studio: si parte dalle tracce del disco, per poi creare quasi dei nuovi brani, concepiti soprattutto da un legame artistico condiviso con tutti gli altri musicisti della band, che prendono parte a questa sacrale riscrittura dell’album insieme a chi il disco l’ha pensato, composto e suonato.  Lo aspettiamo allora in questo tour estivo che toccherà diverse città italiane tra cui Castellazzo, Roma, Prato, Pescara, Rimini e Merano. Se i presupposti sono quelli di ∞ (Infinity), allora non possiamo che aspettarci che un live pieno di sorprese e grandi emozioni.

 

(Yann Tiersen, ∞ (Infinity), Mute, 2014)