Flanerí

varie

Dove stiamo andando

di DB / 18 ottobre

La strada è piena di polvere e il somaro su cui sto viaggiando continua a tossire. Ho le tempie che mi esplodono e dagli altoparlanti piazzati lungo il cammino per Girgenti continua ad uscire un jingle ipnotico. Ancora dobbiamo fare molta strada, masticare molta terra, allontanarci da loro. Accendo una nazionale senza filtro e sputo un grumo denso e nero. Alle mie spalle avanzano i briganti, sono sei, tre somari e tre briganti, solo sei.

Non chiedetegli il nome, sono laureati fuggiti dalle fabbriche di cervelli in salamoia, banditi della peggior specie: taglia carte, stagisti non retribuiti, ladri di cancelleria, contrabbandieri di parole, spacciatori di virgole.  Mi giro un istante a guardare i loro visi smagriti, li soppeso ad uno ad uno. Luigi, Gaia, Matteo, Michel, Daniele, Dario. Ognuno ha un motivo per essere in fuga, ognuno sta scappando da qualcosa.

Sono nato su un cargo battente bandiera liberiana. Cosa trasportava lo sapete benissimo. Abbiamo attraccato alla foce di Anzio. Gli scafisti sono fuggiti coperti da Gheddafi mentre giovani americane venivano ad accoglierci. Le persone parlavano ma non dicevano niente. Poi un giorno qualcuno rubò tutte le donne del villaggio e, invitato ad una trasmissione televisiva dallo studio bianco splendente, continuava a ripetere – si, ma voi l’avete fatto prima di me. La colpevolezza viaggiava da un polo all’altro dello studio, distruggendo la verità, sommergendo la ragione. È stato quello il momento in cui ho aderito ai pirati dell’APO  e ho preso il nome di DB, pronto a combattere per quelle parole diventate nomi altisonanti senza più nessun significato, a caccia di un interruttore, ogni due martedì

Un piccione plana sulla nostra testa poi atterra. Ci guardiamo negli occhi per un lungo istante. Il vento porta una musica che ricorda un mezzogiorno di fuoco, ruote di polvere e paglia danzano lungo i campi brulli. Mi fissa spavaldo ma io sono tranquillo. Lui non può leggere i miei pensieri perché ha gli occhi azzurri, mentre i miei sono verdi. Si chiama Gunter e legato alla zampa sinistra porta l’ultimo dispaccio da Taiwan del nostro inviato a caccia del suo cervello.  STEFANO è partito a bordo di un boing 747 di fabbricazione sovietica un paio di mesi fa. È andato in avanscoperta a vedere cosa c’è dietro la collina. Lui è lo scout, la guida, lo sherpa, il cheyenne che legge le orme sulla sabbia, che ci indica una direzione e una possibilità. Gunter lascia cadere a terra il biglietto e riparte per Formosa, apparirà tra due settimane, il giovedì.

GAIA sospira. È l’unica donna del gruppo (anche se continuo a nutrire dei dubbi su molti di loro, perversi, scafati, masturbatori di coscienze). L’abbiamo trovata sdraiata ed in fin di vita in una sala Warner dopo una proiezione dell’ultimo cine panettone. L’abbiamo presa con noi, l’abbiamo curata; ora viaggia per tutta l’Italia alla ricerca di film che non trovano distribuzione. Nuove pellicole esplosive sacrificate al dio denaro. La qualità senza trucchi. I suoi resoconti arrivano via fax ogni due sabati, la potete trovare all’interno del suo Cinema segreto.

LUIGI era fermo al bordo della strada, la vespa bianca senza più benzina, vagava da giorni per Spinacity. Aveva una barba lunga e continuava a parlare di torta Sacher. Lo guardai negli occhi, quel gringo. Lui disse – Mi si nota più se vengo con voi e mi metto in disparte o se non vengo ma… – Lo schiaffeggiai più volte e lui cominciò a cantare. Aveva fatto l’assistente microfonista, il musicista, la batteria e il batterista, aveva fatto l’autista di pullman di artisti e il gondoliere di coppie miste. Aveva una storia da raccontare, la storia di una ragazza fuggita da casa, la storia di una groupie, che oggi potete leggere ogni due lunedì.

DARIO e MATTEO li incontrammo lungo la strada, sommersi di polvere, camminavano contro vento. Bastò uno sguardo. Nei loro occhi c’era qualcosa, un barlume oscuro, probabilmente un moscerino. Andavamo nella stessa direzione quindi decidemmo di correre insieme.  Ogni tanto scompaiono alla ricerca di affetti e rumori nuovi, a ritroso compiono il percorso che fu di Orlando alla ricerca del suo senno; da quel punto che brilla di luce riflessa, gettano uno sguardo sulla terra. I loro resoconti piovono giù in un frastuono di visioni ogni due mercoledì.

Quando liberammo DANIELE era rinchiuso in una scuola di giovani rampolli espulsi da altre scuole e ammaestrava piccoli topi in overdose da social-network.  Era in una stanza senza luce e continuava a saltare da una parete all’altra, scarabocchiando sui muri visi e paesaggi. Era in isolamento dopo aver distrutto quasi tutti i libri della biblioteca comunale, strappati e rimodellati per far emergere un personaggio. Oggi continua a ritagliare i sui origami da fumetti e graphic novel, a caccia dell’essenza di uno spirito tratteggiato con la china. I suoi ritratti emergono dalla carta con spietata puntualità, il venerdì, ogni due settimane.

Qualcuno mi batte sulla spalla. MF mi allunga la sua birra. È calda e gialla e lo guardo negli occhi prima di portare la bottiglia alla bocca. Non ricordo dove l’ho incontrato, siamo partiti insieme. All’epoca spacciava immagini pornografiche ritoccate. Vagava per i bagni dei locali a caccia di frammenti di storie inutili. Viveva in un mondo di plastica che rifletteva luci accecanti, poi è fuggito a caccia di uno spazio in grado di esplodere e di collegarsi ad altri spazi, sensazioni, sguardi. Ha costruito una rete di spacciatori eterotopici che ogni settimana gli invia una foto orfana di un testo capace di cogliere un respiro nell’abisso. Ogni due maledette domeniche potrete consultare la foto ed inviargli (possibilmente insieme a delle birre fresche) il vostro testo che sarà pubblicato nell’uscita successiva assieme all'immagine. 

Li guardo ad uno ad uno e penso che potremmo essere di più. Da in fondo alla valle riecheggia un a a a ahi ahi ahi ahi ahi. Non siamo lontani, lanciamo i somari al galoppo, attaccheremo i ciclopidi e lo faremo adesso.