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Libri

“Scrivere è un gioco di prestigio”. Conversazione con Paolo Di Paolo

di Matteo Chiavarone / 24 gennaio

Scrivere è un gioco di prestigio (Edizioni della Sera, 2010) è un interessante libretto che a mo’ d’intervista ci presenta un interessante conversazione tra Stefano Giovinazzo e Paolo Di Paolo. Il giovane autore di Come un’isola (Perrone), enfant prodige della letteratura e critica letteraria italiana, prova a tratteggiare a parole la sua passione per la scrittura, i presupposti che gli hanno permesso di intraprendere questo percorso così impervio e affascinante, i luoghi e le persone che ne hanno aperto la strada.

Il confronto tra chi scrive e chi legge diventa il rapporto privilegiato di una “ipersensibilità che si esercita, anche ossessivamente, su dettagli che molti trascurano.

Questo spazio, piccolo ma interessantissimo, che ha visto come apri-pista Dacia Maraini permette a Di Paolo di affermare, anche se sottovoce, la sua “presenza” nel mondo, in “questo” mondo. Perché se è vero che Paolo Di Paolo “scrive con la stessa naturalezza con cui respira” è anche vero che si tratta di un ragazzo di appena ventisette anni che si è trovato di fronte a continui confronti con molti dei maggiori autori del secolo appena trascorso.

Di Paolo ha un dono. Un dono che si può percepire ascoltandolo, prima ancora che leggendolo (siamo in attesa del prossimo romanzo che dicono molto bello(ù). Un dono che significa talento, capacità, impegno. E intelligenza.

La scrittura come “epifania”, avvenimento speciale. Gioco di prestigio. Come un qualcosa di innato che nasce prima dalla lettura (fumetti, libri illustrati, i primi classici), poi dalla “scoperta” della letteratura, infine dal bisogno di dire la propria (che è anche una idea “materiale”).

Oltre alla passione e all’impegno alcune circostante favorevoli (“ci sono state senz’altro, come per ogni esordio, che sia con grandi o piccoli editori”) ma soprattutto la forza di rimanere se stessi perché “come se, scrivendo, mi sentissi in dovere di dare di tutto ciò che avevo letto”.

Attraverso questo libro esce fuori un Paolo Di Paolo timido ma caparbio, sicuro di sé ma non arrogante o narcisista. Un autore insomma che vuole provare a diventare “grande” perché sa che può e deve tentarci.