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Libri

“Gli intervistatori” di Fabio Viola

di Luca Tortolini / 4 marzo

Un amico mi ha consigliato il romanzo di Fabio Viola: “Hai letto Fabio Viola? Leggi Fabio Viola”. “Ma chi è Fabio Viola?” faccio io. Più tardi prendo Gli intervistatori e scopro uno scrittore che mi piace, che ha da dire molte cose. Il libro: alcune persone rapiscono uomini e donne a scopo d’intervista. Uomini e donne (scelte a caso, sembra) dalle vite normali in cui in apparenza non hanno nulla d’interessante o d’importante da dire. Ma gli intervistatori conoscono a fondo la loro vita. Non si fanno vedere; sono voci metalliche distorte dalle apparecchiature. Mostrano documenti, filmati di montaggio che riguardano il passato delle persone rapite. Da quanto tempo pedinano e registrano? Perché lo fanno? Non lo sappiamo. Non viene detto. Possiamo intuire che queste persone lavorano per un progetto finanziato segretamente dallo stato (c’è un ufficio che si occupa di schedare i dossier degli intervistati); potrebbe essere un esperimento antropologico per capire i comportamenti degli uomini (uno degli scopi della letteratura). Le reazioni degli intervistati vanno dallo sconcerto alla rabbia alla paura. Sono costretti a fare i conti con i propri segreti, il dolore, la mediocrità, la vacuità, la superficialità. Devono rispondere, indagare e soffermarsi su tutto questo. In caso contrario, si muore. Questa è la posta in gioco (reale o solo minacciata) e solo rispondendo e affrontando ciò, si può uscire (con brutte conseguenze per alcuni) dall’intervista.
Ivano (un finanziere di Frosinone) subisce un’intervista e comincia a indagare. Vuole capire chi sono gli intervistatori, perché lo fanno. Il percorso lo porterà nelle prossimità di un chiarimento. Ma quasi sempre, scoprire, o solo avvicinarsi alla verità, ha l’effetto di un duro colpo, come un pugno sullo stomaco o un calcio in faccia.

Non credo sia stato facile scrivere Gli intervistatori, ma non si vede lo sforzo della costruzione. Ci vedo all’interno l’Italia superficiale (quella che non ci piace) e quella che vuole un miglioramento. Alla fine dei conti, gli intervistatori, in modo cinico e brutale, vogliono partire dalla persona qualunque. Mostrarle una via per il miglioramento. Ognuno ha la propria. Questa di Viola ne è una. Parlando del libro, alcuni hanno usato espressioni come “surrealismo kafkiano”, “alla Lynch”. Credo che dovremmo lasciare stare; questo è un’altra roba. Anche se le situazioni, le reazioni ci possono sembrare surreali (ma poi ognuno ha la propria realtà; è la legge della relatirealtà) è solo per il piacere della lettura e scrittura, che ci mostra delle immagini lontane, diverse da quelle che normalmente vediamo e immaginiamo, per parlarci di altro. Per tornare a parlare di noi, di nuovo. Poi ci sono i dialoghi; molti dialoghi che danno godimento. Alcuni di noi sono fortunati. Altri, dovranno fare i conti con il passato, la propria debolezza o mediocrità. Non si sfugge. E prima che qualcuno ci venga a prendere e obbligarci a rispondere a delle domande, leggete Gli intervistatori. Così saremo preparati.