Teoria dell’orrore

di / 18 luglio 2011

Strano destino, quello di H.P. Lovecraft. Una vita oscura e priva di eventi significativi, con la città di Providence come suo baricentro. Accanto, una vita letteraria altrettanto lontana dalle luci della ribalta e nota solo a una piccola cerchia, scandita dai racconti pubblicati sulla rivista pulp Weird Tales e dall'attività di revisore di racconti altrui e ghost writer. Una morte precoce, quasi in miseria. Poi, come spesso accade, una gloria postuma che arriva anni dopo travolgendo le difese della critica più blasonata. Con molta soddisfazione, si può dire, di chi aveva capito per tempo il valore delle allucinate novelle di hpldopo averne sentito il fascino.

È questo il sentimento che si avverte leggendo la prefazione di questo Teoria dell'orrore curato da Gianfranco de Turris, attento studioso di Lovecraft già in tempi non sospetti, quando l'espressione “orrore lovecraftiano” era lontana dall’uso comune di oggi. Ad affiancarlo con il suo saggio introduttivo S.T. Joshi, il maggiore studioso di Lovecraft attivo negli usa, assieme al talento di traduttori dispiegato dal giovane Massimo Berruti e dal compianto Claudio De Nardi, un altro dei pochi esperti italiani di lunga data, a cui è dedicato il libro. Un team di prim'ordine, insomma, adatto allo scopo ambizioso del libro: raccogliere in un solo volume gli scritti critici fondamentali di Lovecraft, quelli che espongono le sue idee in materia di narrativa fantastica e che rappresentano l'inevitabile infrastruttura della sua stessa produzione. Un aspetto dell’attività letteraria di Lovecraft, questo, generalmente poco noto: di qui l’interesse di questa raccolta, originale per la struttura e mai tentata neppure negli usa,dove Lovecraft è da tempo entrato nell’Olimpo della letteratura nazionale.

Bisogna dire che la selezione è davvero stimolante, nella sua felice fusione tra già pubblicato e inedito. Non sorprende di trovare una nuova e più fedele traduzione del fondamentale saggio L’orrore sovrannaturale nella letteratura, che fa la storia del genere e fissa, molto prima di Danse Macabre di Stephen King, un valido canone dei principali scrittori di narrativa horror. Ancora più interessanti appaiono gli altri scritti, pubblicati quasi tutti postumi e generalmente poco noti al lettore lovecraftiano, che affrontano un’ampia serie di problemi e questioni. In difesa di Dagon è un’attenta e meditata risposta di Lovecraft ai detrattori della sua narrativa e di quella fantastica in generale. Le Note su come scrivere racconti fantastici fotografano il procedimento creativo seguito dallo scrittore americano nella stesura di molte sue opere, dando indicazioni e spunti che pensiamo  sarebbero molto utili agli autori di letteratura horror contemporanea, ancora troppo legati al palo dello splatter e dei suoi liquami al sapor di sadica crudezza. Alcuni appunti sulla narrativa interplanetaria è una disanima della fantascienza dozzinale e commerciale pubblicata su rivista negli anni Trenta, con una proposta per portare il genere a più alti livelli letterari, che sarà poi seguita dalle nuove leve degli anni Quaranta.

Questi sono solo alcuni dei testi più significativi: tra analisi e ricordi di singoli scrittori, recensioni di libri, cataloghi di trame del fantastico e lettere private sui temi dell’immaginario distribuite per oltre cinquecento pagine, emerge uno schema coerente dietro l’apparente paradosso dello scrittore scientista e sognatore al tempo stesso, razionalista nella stessa misura in cui è artista. Nelle riflessioni di Lovecraft, la letteratura dell’orrore soprannaturale è preminenza della fantasia e del senso del meraviglioso sulla realtà, di cui sono sospese le leggi. È preminenza del soprannaturale contro la semplice paura fisica, che nasce dal sadismo e dall’effettaccio di sangue. È preminenza dell’atmosfera sull’azione e l’ossessione del plot. È preminenza dello scrittore fantastico su quello realista. Infine, ed è qui che il conservatore Lovecraft si mostra un autentico eversore, è preminenza dell’artista in lotta con il suo tempo sullo scrittore professionista asservito alle logiche di una volgare e cinica industria culturale.

Come scrittore, Lovecraft ha costituito un importante spartiacque nella storia della letteratura fantastica, assorbendo il meglio di ciò che era stato in passato e indicando la via agli autori successivi. Né si potrà negare la sua abilità quasi “profetica” nell’aver saputo raffigurare il caos che si agita sotto la quieta superficie del quotidiano, il mostro che è fuori e dentro di noi, il declino di società prive di saldi punti di riferimento, l’illusorietà di una conoscenza solo in apparenza perfetta e oggettiva. In una parola, l’aver saputo vedere in anticipo il volto del mondo impazzito che abitiamo oggi. Anche per questo urge ricordarlo come teorico del fantastico, e dargli il giusto riconoscimento. E ci sembra che questo libro vada nella giusta direzione.

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