Dietro la lanterna

di / 22 ottobre 2011

Matteo Maria Orlando, ha già visto, ha già vissuto, ha già intrapreso il suo cammino in un tempo storico e lontano nel quale però la sottile linea rossa tra ciò che è stato e ciò che è ora, si flette in un'oscillazione visionaria ma concreta.
Il profumo del Viandante di Nietzsche con le sue Muse, pervade l'intera opera, condendosi di accezioni tematiche differenti e sussultorie, mai fenomeno unico e isolato.

Vengo dall'era post-atomica,
dove processi s'invertirono
e il tempo ridisegnò l'uomo.
(Prima stanza, pag. 13)

La prima stanza di queste derive poetiche ci accoglie come in un'anticamera e spalanca con netta chiarezza l'attitudine del Poeta che si presenta a noi in un'immagine di sponda, disvelando attraverso il riflesso del mondo in cui vive, se stesso. La sua anima è carica degli effetti subiti da una battaglia quotidiana e ciclica, che la Poesia sottintende con ciò che le è ostile, in una perenne tensione mistica.

(…)Qui Dio non piange mai,
è un fabbro dalla pelle scura
e a luglio, nel suo orto, raccoglie i pomodori.
(Seconda stanza, pag. 30)

Chiusosi alla nostre spalle questo buco nero che risucchia gli intenti e il lettore con una pressione atmosferica greve, innanzi a noi appare invece una resurrezione che ci accoglie con un odore familiare, geograficamente individuabile per suggestioni e colori.
Ma universalmente riconducibile al grembo uterino dei nostri affetti, che concepisce, posando saldi principi e storia sulla terra del Sud e dei Padri, orizzonti più ampi e creature umane più terrene che abitano questa seconda stanza.

(...)Tu
sacro verbo per bocca infedele
liturgia che celebro ogni giorno.
(Terza stanza, pag. 35 )

Questa vicinanza si fa più sottile, interna, sotterranea fino a sfociare nel delta del cuore, con le fattezze di una celebrata e cara Afrodite, fiamma e folgore, altare immaginifico della terza stanza.
Ma non esiste Amore che non abbia Psiche nell'ombra, anima che combatte e si arrovella sui binari profondi dell'essere, nei suoi, spesso dimenticati all'apparenza, abissi ,resi ora schiavi dall'esistenza, ora liberi e luminosi dall'idea stessa di Poesia.

È forse questo,
oh madre,
il destino del cantore (…) ?
(Quarta stanza, pag 53)

Poeta pensatore e filosofo che indaga su se stesso prima di chiedersi il perché delle cose a lui esterne, e in questa riscoperta e ricerca si trova e si rivede in nuove domande che non hanno risposta ma alimentano il viaggio attraverso e oltre questa quarta stanza.
Ma eccoci giunti, lettori e compagni viandanti del Poeta, alla quinta stanza, alla porta di Ermes, messaggero, trait d'union tra il sacro e il terreno, tra verità e uomini, personificazione del lògos che si fece carne per abitare in mezzo agli ultimi.

(…) Il divino abita il cucciolo d'uomo.
(Quinta stanza, pag 62 )

Il Poeta con il suo versificare giunge con la lanterna attraversando la foresta e la montagna, all'alba e si rende conto, in ultima battuta, che il suo viaggio è il viaggio, e che nella sua apparente solitudine si mostrano a lui altri occhi, altre vie.
Dietro la lanterna, di Matteo Maria Orlando, edito da Terre Sommerse, prima fatica di questo giovanissimo autore, si pone come opera in divenire già densa di significati e di uno stile personale e anacronistico. C'è una forte volontà di varcare la soglia di quella realtà opaca e lenta, di spingersi al di là del bene e del male, delle apparenze. In cammino, con una dignitosa umiltà del fare che contraddistingue l'allievo con gli occhi spalancanti al giusto. Eccola allora Poesia nella sua veste più pura, piena dell'entusiasmo dell'agire che mostra la strada attraverso questa interessante, non ordinaria e differente silloge.

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