Editori a rischio estinzione?

di / 9 gennaio 2012

Ma gli editori corrono davvero il rischio di sparire nei prossimi anni?

O il catastrofismo che si respira in alcuni salotti della produzione libraria è solo la tendenza comportamentale, consueta al nostro status mentale, di esasperare i toni delle reazioni alle novità che potrebbero sovvertire il naturale ordine delle cose cui siamo abituati?

D’altronde si sa, è più rassicurante percorrere la via usuale che cercarne una diversa, il cui approdo finale è sconosciuto. A volte, però, sorge la necessità di dover cambiare forzatamente le proprie pratiche, per non soccombere alle avversità del mondo esterno, in continuo mutamento. L’adattamento è il succo della sopravvivenza, Darwin docet.

È questa la situazione in cui gli editori si trovano attualmente, con l’avvento dell’editoria digitale. Tutti ne parlano, molti con sospetto, soprattutto per quel che riguarda il possibile non-ruolo che verrebbero ad assumere gli editori tradizionali. Ed è proprio a questi ultimi che vogliamo dedicare un momento di riflessione.

Punto di partenza è capire se davvero il settore cartaceo e quello digitale debbano necessariamente venire alle armi, o se sia invece possibile una coesistenza. Uno dei quesiti che ci si pone spesso è quello su come adattare un normale libro cartaceo al formato digitale. Questo, molto probabilmente, genera un fraintendimento: nel senso che porta a considerare un libro digitale alla stregua di uno cartaceo.

In realtà se si esce da quest’ottica risulterà possibile comprendere appieno come le due forme siano completamente diverse a livello di fruizione dei contenuti.

È quindi sbagliato continuare a pensare che con il digitale il settore editoriale tradizionale sia destinato a scomparire, e che quindi i vecchi editori debbano far la guerra al nuovo che avanza, pena la loro scomparsa. Questi dovrebbero invece prendere la palla al balzo e buttarsi sul nuovo spiraglio consumistico che si potrebbe aprire per allargare le proprie finanze; svolgendo al contempo una funzione culturale non indifferente, attraverso la promozione di contenuti nuovi, verso un pubblico che potrebbe essere formato sia dai lettori tradizionali che da chi di leggere non ne ha mai avuta troppa voglia (ma che potrebbe essere attirato nella rete dalle nuove possibilità che la tecnologia offre per approcciarsi ai testi).

Tra l’altro, a quanti ritengono che il ruolo dell’editore sia destinato a esaurire la sua funzione per la comparsa del fenomeno del self publishing, si potrebbero obiettare alcune cose. Se è vero che attraverso l’auto-pubblicazione, almeno potenzialmente, l’editore rischierebbe di essere scavalcato, è anche vero che un minimo di controllo redazionale sulle opere sarebbe comunque necessario (o comunque caldamente consigliato) ai futuri scrittori.

E poi gli stessi lettori come potrebbero mai difendersi dall’incredibile mole di opere che verrebbero ad invadere il settore editoriale digitale?

Anche perché, in effetti, non è che ci siano poi tutti questi lettori in giro il cui unico scopo sia leggere più libri possibili (malgrado di scrittori se ne sfornino quotidianamente a palate). Risulta evidente quindi il ruolo che l’editore avrebbe in un’auspicabile sviluppo del settore del libro elettronico: garantire la qualità delle opere, orientando al contempo i lettori verso i prodotti che meglio possono adattarsi al singolo individuo (viene in mente la teoria della coda lunga).

Ma allora perché c’è tutta questa diffidenza, e soprattutto perché in tanti già si fasciano la testa prima ancora di provare a cimentarsi in quella che potrebbe essere una grande avventura?

La vera sfida per un editore sarà quella di capire la direzione verso cui ci stiamo avviando, di trovare dei pertugi inesplorati e buttarcisi dentro. Se il mercato editoriale dei prodotti cartacei è in stagnazione, se si è sempre alla ricerca di un modo per sopravvivere, se sempre più realtà indipendenti hanno vita effimera perché non vivere la nuova situazione che si sta venendo a creare come una possibilità di dare una svolta positiva alla propria casa editrice, al mercato editoriale e, più in generale, allo stato assopito della cultura in Italia?

Gli editori dovrebbero sfruttare le possibilità offerte dai social network per creare un legame con i lettori, aiutandoli nelle scelte di letture a loro consone, e legandoli in questo modo alle loro proposte, ai loro cataloghi (magari premiandoli per la loro fedeltà alla casa editrice stessa). Il mercato degli ebook permetterebbe poi agli editori di raggiungere, con pochissimi costi a livello di distribuzione, un pubblico molto vasto.

La cosa più importante, per avere successo, sarà accaparrarsi la qualità, cioè gli autori giusti. Per questo gli editori nostrani dovrebbero darsi da fare e contrastare da subito l’avvento di Amazon, che con le sue politiche sta creando una rete di potenziali scrittori (favorendo il self publishing interno), autori già famosi, e lettori potenziali (attraverso la distribuzione del lettore Kindle).

Il self publishing è sicuramente una delle novità di maggior interesse per un novello scrittore. Il guaio è che senza le strutture tecniche proprie di una casa editrice (da riorganizzare verso il digitale), e in mancanza di una grande rete di relazioni – uno dei fondamenti per il successo di un libro – lo scrittore non sarà facilitato nel suo compito; riuscirà a vedere la pubblicazione, certo, ma non sarà in grado, da solo, di uscire dal mucchio selvaggio dei tanti che, come lui, invaderanno il mercato. Senza l’ausilio delle capacità che solo una casa editrice possiede per progettare un buon prodotto, compatibile con le periferiche di lettura e i vari formati (proprietari e non) che ci sono in giro, il testo avrà vita breve.

E se è vero, come dice Maurizio Costa (amministratore delegato della Mondadori), che «occuparsi di cultura ed educazione, informazione e intrattenimento richiede sensibilità, impegno, rigore», chi altri se non un editore potrebbe occuparsi di tutto questo?

Il rapporto tra autore ed editore rimarrà, dunque, inscindibile, ed entrambi saranno (come sempre) indirizzati verso un obbiettivo comune: il lettore.

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