“Il codice Atlantide” di Charles Brokaw

di / 13 gennaio 2012

Misteri che affondano nel passato remoto della nostra Storia, mescolando religione e paranormale, azione e sentimenti: da Il Codice Da Vinci di Dan Brown questo filone a metà strada tra il thriller, il paranormale e l’esoterico continua a sfornare ogni anno titoli, che per fortuna non sono sempre cloni del suo capostipite, anzi dimostrano comunque una certa qual freschezza e originalità, pur mantenendo inalterata la componente di azione, misteri, personaggi rispondenti a certi requisiti, finali che lasciano sempre aperta una porta, un po’ come avveniva nel serial cult degli anni Novanta The X-Files.

Charles Brokaw, professore universitario del Midwest, appassionato di archeologia, decide di scomodare il mito di Atlantide, partendo dal ritrovamento di una campana di ceramica con sopra alcune iscrizioni misteriose, che potrebbe far parte di una serie di manufatti appartenenti a una civiltà avvolta nel mito, proprio quella del continente perduto che ha ispirato filosofi come Platone e in tempi più recenti fumettisti, registi e romanzieri.

Vari personaggi si scatenano in una caccia che si snoda lungo tutto il romanzo, tra cui spiccano l’eroe della vicenda, l’archeologo Thomas Lourds, uno dei tanti figli, anzi, ormai nipoti, di Indiana Jones, e l’antagonista, il cardinale Stefano Murani, ossessionato dalla decadenza della Chiesa e dal voler darle un nuovo inizio, forse grazie al misterioso “Libro della Conoscenza” che potrebbe svelare i misteri di Atlantide.

Stavolta niente Templari e Santo Graal, ma un’avventura all’origine, con personaggi forse già visti, situazioni già sentite, ma che funzionano. Certo, Il codice Atlantide non è un capolavoro, né vuole esserlo. È la classica lettura d’evasione che riesce a inserirsi con dignità in un filone che piace ma che corre il rischio di essere ripetitivo. E senza svelare il finale occorre dire che la frase conclusiva del libro è un inno all’amore per la ricerca, per la cultura e per la conoscenza.

Come in molti altri casi, anche questo libro sembra una sceneggiatura cinematografica già costruita per essere messa in scena. Certamente il lettore si chiederà per quale motivo poi questo tipo di narrazione spesso al cinema non funziona (Il codice Da Vinci cinematografico è rispetto al libro di una noia mortale) mentre sulla pagina scritta tutto vola. Potenza forse del più antico e più moderno strumento di intrattenimento, cioè il libro, capace di darti tutto partendo da un foglio di carta con sopra stampate delle lettere?

Sarà. Quel che è certo è che Il codice Atlantide potrà essere sicuramente un ottimo compagno di ferie più o meno lunghe e di gite fuoriporta, magari seduti su un prato di montagna o sdraiati su una spiaggia, in attesa dei primi caldi raggi di sole.


(Charles Brokaw, Il codice Atlantide, trad. di Velia Februari, Nord, 2011, pp. 425, euro 18,60)

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