“Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”

di / 9 marzo 2012

La polizia brancola nel buio. La nebbia è così fitta che si può tagliare con il coltello. Altissima e dorata la Madonnina, a metà strada tra la terra e il cielo, vigila sul ritmico affannarsi di uomini loschi che si aggirano guardinghi tra la Cerchia dei Navigli e Piazza Castello, a metà strada tra il peccato e la salvezza. Quelle musicate dai Calibro 35 sono storie di malavita e d’inseguimenti, di liti in carcere tra banditi di professione e spavaldi capetti di quartiere, di viaggi psichedelici e scippi codardi, di ex sbirri corrotti e indegnità morali. Colonne sonore di un mondo cinematografico ormai perduto che rivivono in questo Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale (Venus, 2012), terzo capitolo della trilogia revival-poliziottesca della band milanese che riporta in auge stilemi tipici del sound anni ’70. La bontà del prodotto si vede soprattutto nell’efficacia degli arrangiamenti, i quali esaltano la scrittura dei pezzi, suonati con grande maestria in uno strano ibrido di funk, rock progressivo e jazz, che sta dando alla band milanese anche un crescente successo nel mondo, dal quale questa musica deriva e al quale tende ad appartenere naturalmente: il cinema. Si trovano, infatti, brani dei Calibro 35 nelle colonne sonore del nuovo noir banditesco all’italiana, come in Vallanzasca di Michele Placido nella fortunata serie tv Romanzo Criminale.

Limitati al massimo i rifacimenti veri e propri – troviamo qui solamente due cover, una dell’immancabile Morricone (“Passaggi nel tempo”) e l’altra di Piccioni (“New York New York”) – la band milanese, forte del suo nucleo sonoro di base, si lancia in un gioco che è al tempo stesso audace esperimento musical-letterario, sulle orme del Pierre Menard di Borges che, dopo aver riscritto ricopiando fedelmente il Don Chisciotte, parola dopo parola, producendone un’esatta riproduzione, vi scopre significati altri, diversi dall’originale, aggiornati ai tempi. Una copia che acquista senso nel nuovo orizzonte di ricezione per il quale viene prodotta. Così i Calibro 35 ripropongono un linguaggio forte di precise regole sintattiche e grammaticali con grandissima fedeltà, ma lo reinventano de-contestualizzandolo. Non siamo di fronte, infatti, a un semplice gioco al citazionismo estremo, che è pur presente. Il messaggio che si vuole far passare non è quello di una nostalgica rievocazione del poliziottesco all’italiana: l’operazione è più fine ed elaborata.

L’obiettivo ultimo è quello di immaginare mondi nuovi a partire da esperienze passate. I brani presentati diventano così colonne sonore di film mai visti, sottofondi per immagini e scene non ancora girati e che, probabilmente, mai verranno girati. La musica è qui un collante tra un’epoca passata e una stagione che è invece ancora tutta da inventare, in una commistione di generi e arti caratteristica dell’esperienza musicale, letteraria e artistica dell’era post-moderna.

È un mondo sonoro e filmico dove possiamo trovare Quentin Tarantino che gira un b-movie a Bollywood in “New Dheli Deli”, dove spacciatori in turbante smerciano potentissimi allucinogeni sognando la California a cavallo di elefanti indiani nelle fangose strade della capitale del subcontinente, mentre il suo amico Rodriguez, in vacanza a Milano, immagina zombie poliziotti in divisa e occhiali da sole che avanzano in una notturna e orrorifica Tangenziale Est in “Pioggia e Cemento”. Si procede con le suggestioni noir dell’incalzante incedere di “Massacro all’Alba”, che disegna uno scenario perfetto per un immaginifico triellio all’ultimo sangue sulla Grande Muraglia cinese tra Bruce Lee, Beatrix Kiddo e Pantera, il pistolero-stregone messicano nato dalla penna di Valerio Evangelisti, nel finale di un film tutto pugni, sparatorie e inseguimenti, girato in bullet time da uno schizofrenico Sergio Leone con produzione a Hong Kong. E mentre la malavita romana, in trasferta trans-continentale negli States in “La Banda del B.B.Q. (Brooklyn, Bronx, Queens)”, mette a ferro e fuoco i bassi newyorkesi facendo tremare i malviventi locali e mangiando piatti di bucatini all’amatriciana innaffiati col vino dei Castelli, “Uh Ah Brr”, scherzoso intermezzo con coretto, sembra la perfetta colonna sonora della pubblicità di una nuova marca di sigarette al mentolo che, dicono, non fanno poi così male.

Tutto è inquadrato nella cornice composta concettualmente del primo e ultimo brano, che si autocitano componendo nella loro unione il titolo del disco, esplicitando quei riferimenti linguistici e stilistici esterni al lavoro che abbiamo citato in apertura. Un mondo immaginario sui generis che, quindi, ruotando intorno al sound proprio di film quali La polizia incrimina, la legge assolve (1973) e Squadra antiscippo (1976), proietta questi stilemi artistici su produzioni altre, fantastiche e letterarie, delineando un ascolto che si fa maieutico nell’evocare un susseguirsi di immagini nella fantasia dell’ascoltatore. Ed è proprio in questo che risiede la bellezza di questa musica, che oscilla incostante tra estetica vintage e cinema d’exploitation, commistioni di generi e ossessioni pop.


(Calibro 35, Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale, Venus, 2012)

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