Giù alla grotta

di / 20 aprile 2012

Vedo la luna, vedo le stelle
vedo Caino che fa le frittelle
vedo la tavola apparecchiata
vedo Caino che fa la frittata.

(Filastrocca per bambini)


 

«Mamma è stata chiara: non dobbiamo andare giù alla grotta».
«Tu», Jake gli si era fatto incontro, «non puoi andare alla grotta, io sì».
«No, la regola vale anche per te», provò a protestare il fratello.
«Le regole sono per i finocchi, vai a casa e non rompere».
Il piccolo Sam avanzò di un passo e lo colpì nella pancia. Jake rimase impassibile.
«Visto? Sei un finocchio! Non sai nemmeno colpire un uomo! Ecco come si fa!», Jake gli sferrò un calcio nei testicoli. Sam si piegò in due, contorcendosi per il dolore improvviso nelle parti basse.
«Frigna! Frigna finocchietto! Se dici qualcosa alla mamma, quando torno ti do anche il resto!”
«Allora, vieni o no? Sbrigati che poi fa buio!», Zac gli faceva segno con la mano.
«Arrivo, arrivo!», Jake salì sulla bicicletta, discese la piccola collinetta di terra, e si affiancò a Zac. I due pedalavano in direzione della grotta e non riuscirono a sentire le parole di Sam, nessuno a quella distanza le avrebbe sentite, perché erano parole di odio e le parole di odio non si gridano, si sussurrano: «Verrò a prenderti, Jake. Verrò a prenderti e ti ucciderò».


Il piede gli era rimasto incastrato nella fune. Non c’era niente da fare, per quanto uno possa abituarsi ai vecchi metodi, c’era alla fine da ammettere che la tecnologia aveva facilitato la vita anche a lui che era un archeologo. Lavorava di rampino e di corda. Imprecò. Si tenne con la parte sinistra del corpo appoggiato alla parete e strattonò il piede destro. La fune si liberò.
«Fammi scendere», disse.
Una voce gli rispose nell’auricolare: «Ok».
Scivolò sbattendo ripetutamente contro la roccia. Si fermò a un metro da terra. Il corpo appeso all’unico gancio di sicurezza dietro la vita.
L’auricolare gracchiò: «Tutto bene, Nod?»
Gli faceva male la testa, controllò con le dita, aveva una sporgenza.
«A parte un bernoccolo, per il resto sembra tutto bene».
«Dai con quella testa che hai non si noterà nemmeno!»
«Come sei simpatico!»
Continuarono a scherzare mentre Nod sganciava la corda di sicurezza e si ripuliva. Si guardò intorno e fece luce con la torcia. Poi vide due cumuli di rocce in terra, ravvicinati l’uno all’altro.
«Li ho trovati!», disse Nod.


«Non ti fa male, mamma?»
Lei tirò fuori la teglia dal forno, il profumo che avvolgeva ormai quasi tutta la casa diventò più forte. Sam vide la sua torta preferita.
«Cosa, Sam?»
Sam accennò con gli occhi in direzione dei piedi della madre. La caviglia destra era avvolta da una fasciatura.
«No, Sam. È una bella cosa».
«Che cos’è?»
«È un serpente».
«Un serpente? Ti ha morso?»
«Ma che dici, sciocchino? È un tatuaggio!»
«Cos’è un tatuaggio?»
«Una cosa che fai per ricordarti di un periodo della tua vita».
«Posso fare anch’io un tatuaggio, mamma?»
«Quando sarai grande, Sam. Quando sarai grande!», lei posò la teglia sul tavolo, «La torta di mele è quasi pronta! Ora dobbiamo lasciare che si raffreddi!»
«Quando diventerò grande mamma?»
«Te ne accorgerai», la donna prese un coltello e cominciò a fare alcuni segni sulla torta, affondando appena con la lama.
«Non la tagli?»
«No, faccio solo dei segni perché svapori prima, è un vecchio metodo. Un trucco!»
«Mamma, devo dirti una cosa».
«Dimmi Sam!»
Sam guardò a terra, esitante, lasciava ciondolare le gambe dalla sedia, poi alzò gli occhi quando sentì qualcosa di caldo sotto il mento. Sua madre aveva appoggiato al mento la lama del coltello.
«Sai che alla mamma devi dire tutto?»
Sam deglutì.
«Avanti!», lo spronò lei, sorridendo.
«Jake è andato giù alla grotta, con un suo amico».
Il sorriso della donna sparì per lasciare il posto a un’inquieta espressione di rabbia. Digrignò i denti, la mano che teneva il coltello tremava, con l’altra spinse violentemente Sam contro lo schienale della sedia.
«Tu sei come tuo padre Adam! Una spia! Perché non hai impedito a Jake di andare giù alla grotta?»
Sam sbottò a piangere.
«Sei solo una femminuccia! Ho un figlio che è una femminuccia! Vieni in macchina con me! Andiamo a prendere tuo fratello e sistemiamo questa faccenda prima che sia troppo tardi!»
Lei si voltò. Rapidamente afferrò la teglia e la mise in una busta.
«Cammina, omuncolo!», gridò lei, rivolta a Sam che era in lacrime.
Si avviarono alla macchina.


«Jake, ti prego, fermiamoci! Sono tre ore che camminiamo, ho i crampi e ho fame! Continuiamo un altro giorno!»
Jake puntò la torcia verso Zac.
«Nemmeno per idea!»
«Ma fuori si è fatto buio! Tra poco cominceranno anche a cercarci! Se i miei scoprono che siamo qua mi metteranno in punizione per un mese!»
«Zac sei un finocchio come mio fratello?»
«No!»
«E allora proseguiamo!»
Proseguirono, torce in mano, attenti a non scivolare. Il terreno si era fatto più dissestato e scendeva ormai rapidamente. I due si aiutavano aggrappandosi alle rocce, attenti a non scivolare. L’umidità cresceva.
«Deve esserci una fiume qui vicino!», disse Jake.
«Un fiume sotterraneo?»
«O una falda! Spiegherebbe l’umidità, testone!»
Zac annuì.
«Non voglio finire annegato!»
«Se continui a lamentarti, ti strozzo prima io!», gli rispose Jake, «Guarda, una luce!»
Tra le fenditure della roccia, poco più avanti, un raggio di luce passava appena, squarciando l’oscurità della grotta.
«Da dove viene?»
«Avviciniamoci!»
Si portarono più avanti finché non furono vicini alla fonte. Ora che avevano il raggio quasi in faccia, la luce era diventata più luminosa e intensa.
«Che cos’è fa vedere!», disse Zac.
Jake si era affacciato appoggiando tutta la testa contro la roccia spiando con un solo occhio puntato dentro la sottile fenditura.
«Oh, mio Dio!»
«Cosa c’è Jake!»
«È il Paradiso! Questo è il Paradiso!», gli rispose Jake, sorridendo meravigliato.


«Sono quasi sicuro che si tratti di loro!», disse Nod nell’auricolare, «L’esame dello spettrografo mi ha appena confermato che c’è del materiale organico poco sotto il terriccio! Sono sepolti qui!»
«Dio, Nod! Questo è un momento storico, lo sai? L’anello di congiunzione che ci mancava!»
«Sì, Abram. Ora cerca di stare calmo e fammi lavorare!»
«Vuoi metterti a scavare adesso?»
«No, voglio guardarmi attorno, c’è una strada davanti a me, vedo dove porta e poi risalgo in superficie».
«Okay, Nod!»


«Laggiù c’è un inferno, credimi!», esclamò il poliziotto mordendo una ciambella, rivolto al suo collega.
«Chi è stato a fare quel casino?»
«Eve Macallister!»
«Sembrava una buona madre!»
«Vatti a fidare delle donne!»
«Menomale che il piccolo Zac si è salvato».
«Ha fatto in tempo a fuggire! Altrimenti quella era capace di ammazzare pure lui! Ha raccontato che si è presentata con una torta di mele! E li ha uccisi entrambi, a coltellate! Poi si è ammazzata!»
Scossero entrambi la testa, il posto intorno a loro pullulava di volanti con i lampeggianti accesi e colleghi in divisa in un continuo andirivieni.
«Qui ci facciamo notte! Andiamo a prenderci una ciambella!»
«Sono d’accordo, andiamo!»


«Stupido auricolare!», Nod imprecò.
La comunicazione si era interrotta. Probabilmente era sceso molto in profondità. Poco male! L’aria diventa più umida, ci sarà una fonte d’acqua! Il tempo di scoprire qualcosa e poi torno su!, pensò fra sé e sé, mentre scendeva ancora.
Raggiunto uno spiazzale notò un raggio di luce e si accostò alla parete per guardare.
«Oh mio Dio!», esclamò meravigliato.
Poi sentì una voce mormorare una cantilena:

«Vedo la luna, vedo le stelle
vedo Caino che fa le frittelle
vedo la tavola apparecchiata
vedo Caino che fa la frittata
Vedo un uomo, un uomo solo
Vedo che sogna, sogna un volo
Un volo diretto per il Paradiso
Ma c’è l’Inferno sopra il suo viso».

Si voltò. La torcia illuminò una donna nuda che stava tagliando una torta.
«Questa era la preferita di Sam, sa? La torta di mele! Ne vuole un po’? È buonissima! La assaggi!»
La donna gli porgeva un pezzo di torta in una mano.
«Non è possibile… è un’allucinazione», pensò Nod.
«No, Nod. Non è un’allucinazione. Ciò che ha visto è vero: l’Eden esiste davvero. Ma io non posso permettere che lei torni in superficie, capisce?»
«Lei è … lei è Eve Macallister!»
La donna aggrottò la fronte.
«Ah, sì era quello il mio nome, da mortale».
«Lei dovrebbe essere morta settant’anni fa!»
Eve inclinò la testa, sorridente.
«Povero cucciolo! Vuole un pezzo di torta di mele»
«Lei è… viva?»
«Fa differenza? Egli mi ha incaricato di essere a guardia dal varco! Nessuno torna vivo dall’Eden, Nod».
«Egli chi?», chiese Nod.
Eve sibilò.
Eve avanzò, torta nella mano destra, coltello nella sinistra. Nod era paralizzato dal terrore.
Eve era a un passo. Portò la torta sotto il naso di Nod, che inspirò il profumo.
«Bravo bambino!»
Eve affondò la lama nel cuore di Nod, che si lasciò cadere. L’ultima cosa che videro i suoi occhi fu un serpente che sibilava attorcigliandosi intorno alla caviglie della donna.

Mariano Macale fa parte degli autori del blog di scrittura Vongole & Merluzzi.

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