“Cronache dal big-bang” a cura di Fabio Pierangeli e Lidia Sirianni

di / 5 giugno 2012

Se deve essere il Big Bang, che il Big Bang sia. Ma la ricerca del nucleo originario che tutto crea e genera in un ciclo continuo di vita e di morte attraverso gli incipit d’autore più interessanti della letteratura nostrana (e non solo) più che a una esplosione rimandano a un’implosione. Culturale, letteraria, linguistica.

L’idea alla base di Cronache dal big-bang – l’unica gioia al mondo è cominciare (Hacca, 2011) funziona tanto per il meccanismo innescato quanto per il gusto puerile – loro, degli autori, e nostro, da famelici lettori – di partecipare al gioco dei rimandi, del “cosa/chi c’è” e del “cosa/chi non c’è”.

Al mio disappunto per l’assenza di un Conversazione in Sicilia i cui «astratti furori» mi rimasero impressi nella testa in stagioni importanti della mia vita, scopro con piacere il “piacere” (scusate il gioco di parole) di ritrovarvi dentro il Manganelli di Hilarotragoedia o quel Foscolo così vivo nel ricordo di un’infanzia segnata da maestri (anzi, maestra, una sola) legati ancora – nonostante il fascismo, gli anni settanta, l’imperativo voyeuristico degli ottanta – al mito italiano – o forse arcitaliano – del risorgimento.

E Affinati coglie nel segno: italiani anche loro, gli immigrati, a dettare «il sacrificio della patria nostra» che di “nostra” ha forse solo l’infamia, che gli abbiamo affibbiato, a cui l’abbiamo relegata.
Coglie nel segno più di Ferroni che forse di letteratura italiana s’è occupato così tanto, da porgere la guancia a un Marías il quale, oltre agli indimenticabili (condivido) incipit di Domani nella battaglia pensa a me e Un cuore così bianco ha lasciato poco altro, se non dubbi (alcuni) e delusioni (molte).

Melis prova una Genesi (biblica, nel vero senso della parola) dai tratti noir, anzi di genere e ne condivido il modo. E azzardo, mettendomi in gioco anch’io, il Caino di Saramago – ideale proseguo del suo Vangelo tanto controverso quanto amabile – che nell’incipit trova ragione d’esistere e linfa vitale.

Incipit Vita Nova e novità sia. Anzi no: Omero non può non avere posto, Ulisse come attore protagonista di un viaggio che ha un inizio ma che non vede fine. Come in fondo i gattopardi di cui l’Italia nostra abbonda ma in versioni ahimè più flaccide e più tristi. Ma per Tomasi l’inizio è una preghiera. Poco sua non importa – si sente l’influenza di Bassani, ebreo, sullo scrittore, lui cattolico – ma dà il senso di grave e di greve, perché la preghiera ha il sapore dell’antico, dell’immutabile, del rito che si ottiene. Tutto deve cambiare affinché tutto rimanga com’è. E così sia, nonostante l’esplosione.

L’importante è mettere a terra i piedi giusti. Quelli di tutti gli autori citati e analizzati, in un bel parterredi libri più o meno amati. E soprattutto quelli di La Capria, della Maraini, della Mazzucco e di Tabucchi, numi tutelari di un Paolo Di Paolo con cui dialogano e che dicono, purtroppo, meno di quanto potrebbero. Soprattutto Tabucchi che ci ha lasciato troppo presto orfani, di lui ma non della sua opera, e che ci insegna, con quel folgorante “pronti, via” di Sostiene Pereira, come si dà inizio a un racconto, a un romanzo, a quella nuova storia verso cui noi – incapaci di dare inizio e di chiudere le nostre situazioni – non possiamo che, ricominciando a leggere, volgerci per cogliere quell’unica «gioia al mondo» (sua? nostra?) a cui i curatori, Fabio Pierangeli e Lidia Sirianni (Università di Tor Vergata), vogliono farci partecipare.

 

(Cronache dal big-bang – l’unica gioia al mondo è cominciare, a cura di Fabio Pierangeli e Lidia Sirianni, Hacca, 2011, pp. 224, euro 14)

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio