“Achille nella terra di nessuno” di Sergej Roić

di / 11 dicembre 2012

Achille nella terra di nessuno, edito da Zandonai, è un libro snello e accattivante che fa buona mostra di sé all’interno della collana I piccoli fuochi dedicata alle narrative contemporanee in prevalenza provenienti dai paesi dell’Europa orientale e, in particolare e soprattutto, dalla ex Jugoslavia.

La prima di copertina rappresenta in maniera sintetica ma efficacie il contenuto di questo piccolo volume: il “Planet Soccer Field” di Jeff Mertens si accompagna a una citazione estratta dal testo: «L’anima del mondo è l’essenza del gioco. Il gioco è il più bel gioco del mondo». Si intuisce quindi immediatamente che si parla di calcio, di spiritualità e di terra, mentre è solo pian piano che si scopre che sotto il livello narrativo traspare un vero e proprio esperimento di filosofia platonica, ovvero la generazione di un mito attraverso immagini, intese sia come essenziali componenti della struttura, lontana dalla logica per capitoli, di questo testo, sia come allegorie che semplificano la comunicazione dei concetti e invitano alla riflessione.

Ahil Dujmović è un giovane calciatore, “bello e buono” (come dicevano i greci), che nasce in Jugoslavia negli ultimi sfolgoranti anni che hanno preceduto il prefisso ex. Le prime immagini ci raccontano eventi che hanno concorso alla nascita del nostro eroe-protagonista: un padre con le ali ai piedi e una madre filosofa recano in dono al figlio i propri talenti oltre alla memoria di un fratello mai nato e all’amicizia di un maieuta di nome Mikula. Come gli eroi greci, forte dei suoi diciassette anni, Ahil sostiene le magnifiche sorti della nazionale jugoslava tirando (e segnando) ai quarti di finale di Italia ’90 il primo dei rigori contro l’Argentina di Maradona. Con abilità sorprendente Roić riesce a condensare in due pagine una potente passione per il calcio e, contemporaneamente, a ricreare un’atmosfera omerica in cui Ahil ricorda Achille che sorregge sulle sue spalle il destino degli Achei.

Nulla può, però, l’eroe contro le Moire e Atropo, nel 1991, recide il filo che teneva insieme la terra degli slavi del Sud, così il calciatore, nostalgico della sua nazionale/nazionalità, pur continuando a calciare la palla, si iscrive alla facoltà di filosofia, ossimoro che acquista senso solo se lo si legge codificato nel linguaggio della Grecia classica. Gli anni dell’università di Ahil sono concitati quasi quanto la vita della Jugoslavia che si sta disgregando. Si innamora appassionatamente di alcune donne con le quali e per le quali viaggia attraverso l’Europa, diventa un eroe in prestito, fedele solo al colore blu che, come le madeleine di Proust, gli consente di recuperare la memoria delle sue radici, e, alla fine, si rende colpevole di un atto vergognoso che lo condanna all’oblio, dal momento in cui la sua eroica condizione di esemplarità si perde.

Incastonati nella narrazione troviamo due doni di Roić al lettore. Da un lato un glossario puntuale che fornisce definizioni brevi e concise dei concetti di riferimento di ciascuno dei sei quadri in cui è suddivisa la vicenda, permettendo anche al lettore più arrugginito di muoversi agevolmente tra le pagine. Dall’altro un racconto intitolato “Mille anni dopo” che viene offerto in due parti, la prima in onore alla madre di Ahil, coautrice dello stesso per finzione letteraria, la seconda a conclusione della vicenda, come ideale punto di approdo di una riflessione che ricalca l’ideale politico platonico, ma che si aggiorna e acquisisce, proprio nel guardare a un possibile futuro, un’aria sinistra.

Achille nella terra di nessuno è un libro colto che nella sua brevità lascia al lettore una sensazione di compiutezza e soddisfazione, un libro che comunica una passione intellettuale per la vita forte tanto quanto la sofferenza e la nostalgia lasciate dall’ultima grande guerra europea, un libro fatto per lettori che non temono la sfida di tornare a confrontarsi con la filosofia e rispolverare conoscenze acquisite e troppo facilmente dimenticate, sicuri di essere guidati dalla mano di un autore che è capace di riconoscere i tratti dell’eredità della Grecia in un presente grigio.


(Sergej Roić, Achille nella terra di nessuno, Zandonai, 2012, pp. 168, euro 12)

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