“Babel” dei Mumford & Sons

di / 14 dicembre 2012

Con i Mumford & Sons nelle orecchie si può fare tutto, e andare ovunque. Ascoltando il loro secondo disco, Babel, non si corre mai il rischio di dover mettere la mano in tasca per premere il tasto e passare alla canzone successiva. Ogni brano è una storia a sé, e allo stesso tempo tutti hanno quell’inconfondibile marchio di fabbrica, ovvero energia alla massima potenza, sentimento e ritmo che trascina.

I Mumford & Sons sono un gruppo inglese della West London nato nel 2007, nel 2009 debuttano con il loro primo album, Sigh no more, che si piazza secondo nelle classifiche di Gran Bretagna e Stati Uniti, vendendo cinque milioni di copie. Con Babel, si confermano i nuovi re della musica folk, rimanendo fedeli a loro stessi, alle proprie radici e alle proprie idee, senza preoccuparsi di dettare moda e senza rincorrere il successo. Anche se è proprio lui che insegue questi quattro giovani inglesi dall’aria trasognata, vestiti di cappelli e panciotti con una freschezza tutta loro.

E se il ritmo travolgente e la semplicità sono la prima cosa che colpisce dei loro brani, i testi delle canzoni non hanno niente di falso e costruito: sono parole di vita vissuta nelle quali ognuno può benissimo rispecchiarsi, perché non sono le solite favolette che non interessano più nessuno bensì storie vere, ricche di romanticismo e, a volte, con un retrogusto amaro: un amore non corrisposto, un’occasione perduta o la paura di non essere all’altezza delle situazioni cui la vita pone davanti. Ma i Mumford cantano che le difficoltà vanno affrontate a testa alta, che dai propri errori non si può che imparare, che un cuore spezzato prima o poi deve rimettere insieme i pezzi e guardare avanti, e questo connubio romantico/malinconico viene miscelato all’entusiasmo e alla passionalità con cui queste parole prendono forma, la forma del folk, che si sprigiona nei brani pieni di allegria e della grinta tipica delle anime giovani: «And I lost my head / Let's live while we are young», “Whispers in the dark”.

Nel mondo della musica di oggi, dove sembrano spopolare solo brani commerciali, i Mumford & Sons si fanno strada, tra una gomitata al pop e una alla techno, portando avanti tradizione e freschezza, poesia e talento, perché questa band suona tutti strumenti acustici: il banjo, grande protagonista, il contrabbasso, il pianoforte, il mandolino, le percussioni e la chitarra acustica, scusate se è poco, il tutto coronato dalle capacità canore dei quattro: Winston, Ben, Lovett, e, in particolare, dalla potente e splendida voce di “papà” Marcus, leader di un gruppo che ormai è nel cuore di molti.
 

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