“Vlad” di Carlos Fuentes

di / 20 febbraio 2013

La lista delle opere letterarie e cinematografiche che hanno come protagonisti i vampiri in ogni possibile declinazione è incredibilmente lunga (è tuttora in corso, fino al 24 marzo, alla Triennale di Milano una mostra dedicata a Dracula), eppure, Carlos Fuentes deve aver creduto che queste creature avessero ancora qualcosa da dire. Nel suo ultimo e brevissimo romanzo, Vlad, il pluripremiato scrittore messicano dipinge di gotico i classici temi della vita, della morte, della famiglia e dell’amore.

Yves Navarro è un tranquillo avvocato di Città del Messico che vive, con soddisfazione e un pizzico di ignavia, la sua esistenza tipicamente borghese. Con la bella moglie Asunción, agente immobiliare, condivide l’affetto per la figlia Magdalena e il dolore per la perdita di Didier.

Un giorno il suo capo, Eloy Zurinaga, lo contatta per un incarico speciale: trovare, con l’aiuto di Asunción, una nuova dimora per il conte Vladimir Radu. Nonostante la richiesta sia preceduta da un preambolo che avrebbe insospettito chiunque e gli venga presentato il progetto di una casa con finestre murate, canaletti di scolo sparsi in ogni stanza e un tunnel sotterraneo, Navarro accetta ossequioso e obbediente. Yves viene così coinvolto in un’inquietante serie di incontri con l’aristocratico inquilino, «Vlad, per gli amici». Il padrone della tetra abitazione, irrita l’avvocato con conversazioni assurde («…No, il mondo dev’essere l’opera inesausta di un Dio incompiuto»), si fa trovare nudo nella stanza da bagno esclamando: «Finalmente ci mostriamo per quello che siamo…», e impone a Yves cene a base di viscere fumanti. Il lettore, tuttavia, intuisce presto che i problemi che l’avvocato dovrà affrontare vanno ben oltre l’eccentrico carattere del conte e che un grave pericolo incombe sulla famiglia di Yves, in particolare su Magdalena: la bambina, che tanto somiglia a Minea, la figlia di Vlad, un giorno non torna a casa e non è neanche andata a scuola… Il protagonista, invece, preferisce assumersi tutti i rischi preannunciati piuttosto che tradire «gli automatismi dell’educazione ricevuta e l’ancestrale cortesia» della sua estrazione borghese per contrastare i piani del vampiro.

Il racconto è costellato delle piccole e grandi forzature tipiche del genere horror (in alcuni punti addirittura tipiche dei b-movie), con cui però l’autore gioca con piacevole e sapiente ironia. A una lettura superficiale nessun aspetto sembra essere veramente approfondito e tutto appare esposto con infantile semplicità. In realtà, Fuentes riesce a descrivere molto dell’uomo occidentale – senza perdersi in complicate spiegazioni e privilegiando decisamente un elegante showing a un potenzialmente farraginoso telling – attraverso una storia scorrevole che si legge in un attimo.

E, forse, questo conte – immortale ma legato al sangue e alla terra, fantastico ma fondato su un realissimo pezzo di storia europea – è davvero perfetto per raccontare il rapporto di un vecchio con la morte imminente, la brama di eternità degli uomini e il rifiuto di lasciare andare i propri cari.


(Carlos Fuentes, Vlad, trad. di Ximena Rodriguez Bradford, il Saggiatore, 2012, pp. 98, euro 12)

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