“Il gioco lugubre” di Paco Roca

di / 5 aprile 2013

A undici anni dalla prima edizione, torna in libreria Il gioco lugubre di Paco Roca (Tunué, 2013). Non una semplice ristampa, ma un’edizione riveduta e ripensata dall’autore stesso, arricchita da una postfazione che spiega la genesi e la trasformazione dell’opera, uno dei primi tentativi del fumettista come narratore, oltre che come disegnatore.

Il gioco lugubre che Roca instaura tra realtà e finzione rievoca il titolo del primo quadro dipinto da Salvador Dalí dopo il suo ingresso nel gruppo dei surrealisti, così come la copertina del volume richiama chiaramente il volto del celebre pittore catalano. Il gioco lugubre è però anche il titolo di un dattiloscritto semisconosciuto a firma di Jonás Arquero che, tra le altre memorie, racconta il suo sinistro soggiorno in un paesino nei pressi di Cadaqués, quando lavorava come segretario presso un eccentrico pittore. Ed è proprio la storia di Jonás che Roca sceglie di raccontarci, attenendosi il più possibile alla presunta verità di quegli scritti, ma modificando il nome di Dalí in Salvador Deseo – termine tra l’altro cruciale nell’universo dell’artista catalano.
 


 

Spagna, 1936. Madrid è un tumulto di scioperi e rivolte, un’anticipazione della guerra civile che sarebbe scoppiata da lì a poco. Jonás desidera lasciare la capitale, e tramite l’amico García Llosa trova un impiego come segretario presso la dimora di Deseo, che vive in una casa isolata sulla spiaggia di Port Lligat, nei pressi di Cadaqués, solo con la moglie Galatea. Fin dal primo momento, Jonás percepisce una sorta di ostilità nel luogo e nei personaggi che lo abitano, e poco a poco la narrazione perde linearità per alternarsi a scene dal sapore onirico, o piuttosto allucinato: i tratti del fumetto si mescolano con le riproduzioni dei quadri di Dalí, piccoli dettagli sparsi tra le tavole, a testimoniare il meticoloso lavoro di ricerca e documentazione che ha preceduto la stesura del fumetto.
 


 

L’incontro con Deseo è folgorante, e riflette in modo brillante le leggende che si raccontava circa la personalità del pittore catalano, l’ostilità e il timore che suscitava negli abitanti della vicina Cadaqués, e le oscure pratiche che si diceva avessero luogo alla casa di Port Lligat. Lo stesso Roca, nell’introduzione, tratteggia a parole la figura di Deseo: «un personaggio eccentrico e contradditorio; paranoicamente pazzo, ma intelligentemente critico allo stesso tempo. E sempre eticamente scorretto».

Jonás viene letteralmente travolto dalla follia del pittore, di cui il fumettista non esita a mostrare i lati più oscuri, in un susseguirsi di scene in bilico tra la realtà e l’allucinazione, in cui le percezioni stesse del lettore sono alterate e incerte, in linea con i dettami del surrealismo. Il mondo di Deseo è popolato da incubi e situazioni al limite della perversione, e ben presto Jonás, apparentemente drogato o sedato da Galatea, si rende conto che la diffidenza dimostrata dai vicini e soprattutto da Roser, ragazza di Cadaqués di cui si invaghisce, è in realtà più che motivata. Sesso, morte e cibo sono i fulcri intorno ai quali sembrano girare le ossessioni di Deseo, che vediamo intento a fregarsi gli occhi per ore in modo da alterare la percezione degli oggetti e del mondo che lo circonda, addentare corpi putrefatti, cospargersi di feci o assistere ad aberranti rituali sessuali. Giochi più che lugubri, esperimenti visionari nei quali il valore dell’arte e del genio artistico superano quello di ogni morale.
 


 

Il tutto, rigorosamente in bianco e nero, con la sola eccezione del rosso brillante riservato ai dettagli di alcuni quadri e al sangue dei corpi mutilati nel vortice di follia che abita la villetta di Cadaqués. Questa è senza dubbio la maggiore novità, perché l’autore ha deciso di rimaneggiare il graphic novel procedendo a ricolorarlo integralmente, ottenendo in questo modo, con ampio uso di chiaroscuri, un’atmosfera ancor più inquietante e cupo, dai tratti quasi gotici, in netto contrasto con le tavole dai colori sgargianti della prima edizione, mirate forse a riflettere le sfumature utilizzate dal pittore stesso.
 


 

Ciò che stupisce, ancora una volta, è la versatilità di un autore che sembra potersi permettere di trattare qualunque genere e qualunque tematica, perfino una radicale rilettura di se stesso, nonché di un mostro sacro come Salvador Dalí. Dopo il successo di Rughe e di Memorie di un uomo in pigiama, Roca torna alla sua opera prima, che mostra forse un approfondimento limitato di alcuni personaggi, ma che ci rivela, in questa nuova veste, un potenziale narrativo notevole.

Vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, Paco Roca si è aggiudicato quest’anno il Romics D’Oro, insieme a David Lloyd, e sarà ospite al Romics proprio questo fine settimana: qui tutti gli appuntamenti.

(Paco Roca, Il gioco lugubre, trad. di Cristiana D’Onofrio, Tunué 2013, pp. 80, euro 12,50)

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