[Focus] Gli zombie in tv, come il piccolo schermo ha cambiato i non-morti

di / 12 giugno 2013

L’invasione è inarrestabile. Probabilmente qualcuno non se ne è ancora reso conto, nessuno troverà risposte guardandosi intorno, eppure gli zombie sono ormai tra di noi. La loro ascesa, iniziata nel Ventesimo secolo, ha subito un’impennata nel nuovo millennio che li ha spinti ovunque, dal cinema alla carta stampata fino addirittura agli show televisivi. Gli uomini a cui va il merito di aver reso possibile tutto questo vanno ricercati entrambi negli Stati Uniti, e rispondono ai nomi di Richard Matheson e George Andrew Romero. Le pagine del libro Io sono leggenda del 1954 sono state ispiratrici per La notte dei morti viventi, uscito nelle sale cinematografiche quattordici anni dopo e divenuto un cult definito a tutti gli effetti come capostipite del genere zombie.

Da qui in poi il grande schermo ha presentato decine di pellicole a loro dedicate, ma la svolta arriva inaspettata nel 1996: una delle più grandi software house giapponesi, la Capcom, pubblica Biohazard, giunto in Europa col nome di Resident Evil, un videogame horror in cui a farla da padrone sono proprio i non-morti. Il successo è clamoroso, negli anni successivi arriverà una decina di altri capitoli della serie, ma soprattutto questo movimento sarà destinato a un’espansione rapidissima. Come già detto, dal 2000 in poi gli zombie saranno ovunque, rendendo praticamente impossibile citare quanto pubblicato nei diversi ambiti negli ultimi dieci anni. Per noi appassionati di serie televisive un’ultima fondamentale tappa va fatta: il 2003, infatti, è l’anno di The Walking Dead di Robert Kirkman, uno dei primi fumetti completamente incentrati sugli zombie da cui è stata tratta l’omonima serie televisiva (che vi abbiamo presentato qui poche settimane fa), diventata una tra le più seguite in America col passare delle stagioni. A sottolineare quanto i morti viventi siano entrati nell’immaginario collettivo ci hanno pensato le pagine di cronaca statunitensi degli ultimi mesi, tra casi di cannibalismo e misteriosi omicidi frutti di presunte droghe capaci di scatenare queste  reazioni.

Abbiamo parlato di film, fumetti, libri e serie televisive, eppure qualcosa è rimasto invariato per oltre cinquant’anni: dai film di Romero alla serie di Frank Darabont gli zombie non sono mai invecchiati. Tutti noi abbiamo in mente un’immagine classica, quegli erranti con la pelle bianca e gli occhi iniettati di sangue persi nel vuoto, in perenne movimento in cerca di un altro pasto da consumare, noncuranti del fatto che le loro vittime siano altri essere umani. Un quadro squisitamente d’oltreoceano come il film 28 giorni dopo l’ha modificata solo in un aspetto: la lenta avanzata dei non morti si è trasformata in una marcia veloce per rendere la minaccia più letale e il ritmo più incalzante.

Ma se gli Stati Uniti non hanno azzardato in alcun campo, in Europa qualcuno si è voluto spingere oltre costruendo un’immagine nuova per gli zombie. È Fabrice Gobert il primo a sperimentare qualcosa di nuovo. Nel 2012 ha fatto il suo esordio su Canal+ Les Revenants, uno dei primi lavori – certamente la prima serie televisiva – a stravolgere le idee classiche sui non morti. Gobert si è preso un grande rischio, sia per essersi spinto dove in pochi avevano voluto azzardare, sia perché, inutile negarlo, dal punto di vista televisivo i francesi non sono mai stati visti con particolare calore e ammirazione. L’ombra del fallimento era dietro l’angolo. Questa volta la diffidenza lascia dopo pochi minuti lo spazio alla curiosità. I fantasmi di Gobert (per rimanere vicini al titolo originale) sono dei veri e propri individui ricomparsi nel luogo della loro morte dopo mesi, anni o decenni dalla loro scomparsa. Eppure, nessun lembo di pelle mancante, nessuno sguardo minaccioso, niente di anomalo. Un parente o un amico che torna a casa dopo tante lacrime versate è una sfida anche più ardua da affrontare. Se poi aggiungiamo un velo di mistero sovrannaturale legato a misteriosi avvenimenti successivi alla loro apparizione il gioco è fatto. Les Revenants è da considerarsi a tutti gli effetti la prima alternativa, almeno in ambito televisivo, a una concezione dei morti viventi rimasta troppo a lungo statica e immutabile agli occhi del pubblico.

Nei primi mesi del 2013 la Gran Bretagna ha rilanciato presentando addirittura una terza via. La premessa è d’obbligo: gli zombie di In The Flesh sono anatomicamente quasi identici a quelli classici, ma non è nella loro fisionomia che vanno ricercate le differenze meritevoli di menzione. La sindrome da morte parziale presente nella serie inglese è a tutti gli effetti una malattia curabile, e chiunque venga trattato si ritrova costretto a convivere con i terribili ricordi delle atrocità commesse prima del trattamento. Una sorte dolorosa come quella dei cittadini di Roarton, il piccolo borgo in cui sono ambientati tutti gli episodi, eroi della resistenza contro i non-morti e pronti a difendersi dagli invasori, anche se qualche medico li ha definiti guariti. Non è difficile capire il punto di vista di chi ha perso un amico in battaglia o si è visto portare via i suoi cari per colpa di qualche malato. Gli zombie, per come li conosciamo noi, scompaiono dopo poco per diventare cittadini emarginati. Quando un mostro diventa il proprio vicino di casa la tutto cambia totalmente di significato, la paura lascia il posto alla diffidenza e la lotta per la sopravvivenza si trasforma nella più classica xenofobia. I non-morti, da persecutori e minaccia, diventano ufficialmente vittime e prede, ribaltando completamente i ruoli immaginati fino a ora.

Entrambi gli show non hanno fatto breccia nei cuori di tutti gli spettatori, nonostante Les Revenants sia stato più largamente apprezzato, ma rompere il muro della conformità rimane senza alcun dubbio un loro grande merito. Se anche voi amate gli zombie per come siamo sempre stati abituati a vederli non c’è di che preoccuparsi, non siamo certo di fronte alla rivoluzione imminente. Se però siete dei curiosi in cerca di un nuovo punto di vista da apprezzare, allora incrocerete le dita come me nella speranza di vedere sempre più Les Revenants e In The Flesh convivere con The Walking Dead

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