“Elliott Erwitt. Retrospettiva” al Palazzo Madama di Torino

di / 9 luglio 2013

La riflessione di Henri Bergson secondo cui «non esiste comicità al di fuori di ciò che è propriamente umano», potrebbe risultare adatta per inquadrare l’opera di Elliottt Erwitt.

Riconosciuto mondialmente come il fotografo della commedia umana, Erwitt immortala nei suoi scatti momenti ad alto impatto umoristico e, seguendo la lezione di Henri Cartier-Bresson, coglie l’istante decisivo, sempre guidato da uno sguardo brillante e arguto. Lo splendido Palazzo Madama di Torino ospita fino al primo settembre 2013, nella sua Corte Medievale, una coinvolgente retrospettiva sul fotografo francese (nasce a Parigi ma si trasferisce presto in America, dove la sua carriera prende avvio e si afferma): una mostra di 136 immagini in bianco e nero, strutturata secondo un allestimento a pannelli in tre sezioni, che raccontano la visione dell’artista ed espongono i soggetti principali e più famosi del suo repertorio.

Se in apertura si è parlato di comico riferito all’umano, non è del tutto giusto circoscrivere l’opera di Erwitt a questo campo: tra i soggetti di ricerca prediletti vi sono sempre stati i cani ed è proprio con queste immagini che si apre l’esposizione. Sebbene l’autore stesso dichiari di non ricercare l’ironia ma di riprendere solo quello che vede, le situazioni ritratte risultano essere esplosive da un punto di vista comico e non possono che divertire. Se la sua è una fotografia che ferma degli istanti colti al volo, meglio non potrebbe esemplificare questa sua concezione la posa e la buffa espressione di un cane bloccato nel momento di un salto. In questo scatto il soggetto viene ripreso per intero mentre appaiono solo le gambe e le scarpe – quasi da cartone animato – del suo padrone. La scelta di questo tipo di inquadratura fa capire come il fotografo intende soffermarsi in particolare sul rapporto di paragone tra l’animale, l’uomo e l’ambiente circostante.

 

 

In merito, non si può non rimanere colpiti da una delle successive immagini, quella di un cane appoggiato in braccio al padrone: il muso dell’animale copre il volto dell’uomo così da far sembrare che quest’ultimo abbia una testa canina. All’inizio l’immagine spiazza e disturba quasi, ma la comprensione del naturale montaggio porta le mani alla bocca per coprire un’improvvisa risata.

I rapporti tra le persone, le cose e il contesto: questo stuzzica la curiosità del fotografo. Buffa risulta anche la foto in cui una bambina si mette accanto a una fila di statue egizie al Metropolitan o quella in cui gli spettatori si dispongono davanti i dipinti di Goya “La maja desnuda” e “La maja vestida” al Prado: un gruppo di uomini si accalcano dinanzi la versione svestita, mentre un'unica donna osserva da sola quella coperta.

 

 

Tra scatti arguti, di una leggerezza divertente, si arriva a quelli dedicati a personaggi famosi, come la foto di gruppo degli attori de Gli Spostati, film di John Huston del 1961: Marilyn Monroe, Clark Gable, Montgomery Clift, lì nelle loro ultime pose (è l’ultimo film girato interamente dalla diva e Gable muore d’infarto appena dopo le riprese). I fotografi dell’agenzia Magnum collaborano ai film ed Erwitt come suo membro, nonché presidente per molti anni, non si sottrae a questo interesse, anche perché il cinema diventa per lui un mestiere a partire dal 1970, una passione che lo porta a girare lungometraggi e documentari.

L’immagine in ogni sua forma, la visione del mondo, degli uomini: questo insegue, e senz’altro trova, l’artista. «Quando la fotografia accade», dice, «succede senza sforzo, come un dono che non va interrogato né analizzato». E non ci si interroga davanti a uno dei suoi scatti più famosi: quello dei due innamorati che si baciano riflessi nello specchietto dell’automobile. Non ci si interroga perché si gioisce e basta. Erwitt è leggero nel suo racconto, ma risveglia moti profondi, quelli delle emozioni che non si controllano, come il riso, la gioia, lo stupore. Le sue immagini hanno effetto su di noi, come nel momento del loro svelarsi lo ebbero sul fotografo stesso: «nei momenti più tristi e invernali della vita, quando una nube ti avvolge da settimane, improvvisamente la visione di qualcosa di meraviglioso può cambiare l’aspetto delle cose, il tuo stato d’animo. Il tipo di fotografia che piace a me, quella in cui viene colto l’istante, è molto simile a questo squarcio nelle nuvole. In un lampo, una foto meravigliosa sembra uscire fuori dal nulla».
 

Elliott Erwitt. Retrospettiva.
Torino, Palazzo Madama, Corte Medievale
17 aprile-1 settembre 2013

Per maggiori informazioni: www.palazzomadamatorino.it/mostra.php?id_evento=192

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