[IlLive] Bruce Springsteen and the E Street Band @Rock in Roma, 11 luglio 2013

di / 17 luglio 2013

Tra i giornalisti della stampa generalista, cameraman e tecnici vari che seguono per lavoro i concerti di questa fantastica estate rock, spesso e volentieri non si è fan e lo spettacolo live diventa routine che si frequenta con il distacco professionale di chi ne è avvezzo. Nessuna emozione. Si fa il proprio lavoro, si osserva tecnicamente l’evento. Se ne porta a casa la cronaca/recensione. Punto.

Tutto questo decade improvvisamente però – e per tutti – solo in un’occasione. I live di Bruce Springsteen.

Anche chi tra gli addetti ai lavori ha gusti pop del tutto differenti, infatti, davanti alla carica live incendiaria del Boss si ritrova dentro a un ciclone rock e ne diventa improvvisamente fan. Parole?

Lo scorso 11 luglio all’Ippodromo delle Capannelle di Roma all’interno della ricca rassegna Rock in Roma, il rocker del New Jersey ha ripetuto per l’ennesima volta quel suo ormai quarantennale rito che fa affermare ai suoi fan che il miglior concerto del Boss sarà sempre il prossimo.

Quasi tre ore e mezzo di ininterrotto show, oltre duecento minuti di rock’n’roll verace, con ampie parentesi soul e blues, per ventinove brani e diciassette musicisti sul palco. Bruce compreso.

Alle 20.50, con il sole ancora non tramontato del tutto, Springsteen sale sul palco sulle note di “Spirit in the Night”, brano del 1973 tratto dal suo album d’esordio Greetings from Asbury Park, N.J  e una delle canzoni  più amate dai fan. Si festeggia il quarantennale dell’esordio discografico e il contatto tra il Boss e il suo pubblico è immediato. Bruce scende dal palco, stringe mani mentre corre e canta. Fioccano le richieste con i cartelli mostrati al palco. Come sua abitudine – unico in questo – Springsteen costruisce la scaletta del concerto sul momento, sceglie la canzone da fare e la sua band la esegue. «Finora abbiamo fatto ben duecento brani diversi in questo tour», ha dichiarato il fido chitarrista Little Steven a fine performance. Dopo “Badlands”, le sonorità celtiche di “Death To My Hometown”tratta dall’ultimo album Wrecking Ball, e “Roulette”, pubblicata solo su Tracks (a nostra memoria inedita dal vivo), arriva un terzetto di brani a tutto rock’n’roll suggeriti dal pubblico: “Summertimes Blues”, classico di Eddie Cochran ricantato anche dai Beach Boys, la divertente “Stand on It”e “Working on the Highway”da Born in the USA.

Le note morbide di “Candy’s Room” frenano per qualche minuto le danze del pubblico e l’adrenalina della band, prima di piccole perle a sorpresa, canzoni rarissime dal vivo come “Kitty’s Back” e “Rosalita (Come Out Tonight)” tratte dal secondo album del Boss, The Wild, the Innocent and the E Street Shuffle. Così come dello stesso disco, anno 1975, faceva parte “New York City Serenade”che con i suoi undici minuti rappresenta l’apice dell’intero concerto. Strepitosa l’intro con piano solo di Roy Bittan e, a sorpresa, la sezione d’archi dell’orchestra Roma Sinfonietta diretta da Leandro Piccioni, che rende ancor più magico un brano tra i più suggestivi nel repertorio del rocker americano.

“Shackled and Drawn”, dall’ultimo disco, è l’occasione per esaltare il coro di voci nere dell’E Street Choir composto da Curtis King, Cindy Mizelle, Michelle Moore ed Everett Bradley. «Dopo la scomparsa del grande Clarence Clemons nel 2011 Bruce si è convertito al soul per sentirsi più vicino a lui», ha affermato Little Steven in un’intervista rilasciata la mattina seguente il concerto dai microfoni della romana Radio Città Futura. A completare l’effetto soul, la E Street Horns, la sezione fiati, capeggiata dall’esperto Eddie Manion e da Jake Clemons, nipote di “Big Man” che non sfigura davvero al confronto di cotanto zio.

«The legendary, heart-stopping, pants-dropping, hard-rocking, booty-shaking, love-making, E Street Band!», grida Springsteen per presentare la sua strepitosa banda di musicisti. Veri e propri jukebox umani e preparati a tutto, insieme a lui sin dal lontano 1973. Oltre ai già citati Little Steven Van Zandt alla chitarra e cori e Roy Bittan al pianoforte, ci sono Nils Lofgren alla chitarra, Garry Tallent al basso elettrico, la poderosa batteria di Max Weinberg alla batteria e la stessa moglie di Springsteen, Patti Scialfa, ai cori e chitarra acustica con Soozie Tyrell al violino, cori e chitarra acustica e Charlie Giordano all'organo e pianoforte.

Nei lunghissimi bis (quasi un’ora!) arrivano tra le altre “Born in the USA”, “Born to Run” e “Dancing in the Dark” sulle cui note Bruce “officia” letteralmente al rito della consegna di un anello di matrimonio di due fan sul palco. In chiusura si balla con le beatlesiane “Twist and Shout” e “Shout” (in realtà degli Isley Brothers).

Gran finale acustico con Springsteen da solo al centro del palco con armonica e chitarra per l’emozionante “Thunder Road”. Bruce ringrazia stremato e sorridente, le luci si spengono sul palco e le note di “C’era una volta il West” di Ennio Morricone accompagnano il pubblico verso l’uscita mentre una decina di uomini improvvisamente scende da cavi d’acciaio dal tetto del palco e la poderosa macchina da tour del Boss of the Boss (l’unico che conta davvero) smonta il circo rock di Bruce Springsteen. Appuntamento al prossimo concerto. Che sarà certamente, ancora una volta, il migliore della sua carriera.
 

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