“Tefteri. Il libro dei conti in sospeso” di Vinicio Capossela

di / 4 ottobre 2013

Il Tefteri è il libricino dei conti, quello su cui al negozio di alimentari si segnano i debiti, i crediti, i conti in sospeso. Il taccuino che Vinicio Capossela porta con sé durante il suo viaggio nella Grecia segnata dal tracollo finanziario è anche questo. Tefteri. Il libro dei conti in sospeso (ilSaggiatore, 2013) è un viaggio fra le strade e le taverne di Atene, Salonicco, Creta, fra le voci di chi mangia e beve e ascolta il suono del buzuki. Fra queste pagine risuona il rebetiko, musica nata dalla voce del popolo greco-turco che nel 1922 si trova sradicato ed emarginato nella sua terra d’origine. Una musica che è allo stesso tempo di tutti e di ognuno singolarmente, una musica di appartenenza, scelta politica, resistenza, anarchismo. La parola rebetiko racchiude in sé la ribellione, ma anche la contemplazione. Il rebetis, colui che lo suona, è una figura contraddittoria, un musicista nomade, è pacifico e allo stesso tempo è contro tutti nella sua “grecità”. Il rebetiko «ha un vaffanculo dentro», senza mezzi termini entra dentro e lascia scoperti, a fare i conti con la realtà. E quando la musica finisce si spaccano stoviglie, si rovesciano tavoli, la vita riprende prepotentemente il sopravvento. 

È unamusica della krisis, il rebetiko.«Krisis. Crisalide. Da chrisizo, splendere. Chrisalida. La crisalide, la farfalla prodotta dallo splendore della crisi, della trasformazione. Quindi crisi significa anche trasformazione, metamorfosi. Cambiamento di forma di cultura. La metamorfosi, come in Kafka, fa paura. È terrorizzante. Si ha paura della crisi perché si ha paura di cambiare, di esporsi al dolore. Il dolore si sviluppa nell’attrito. La resistenza al cambiamento produce dolore».

La crisi è una possibilità di cambiamento, un movimento tutt’altro che semplice. Ma è un movimento verso l’alto, sempre, perché l’ascesi è nella natura dell’uomo, dell’anthropos, che non deve fare nient’altro che affidarsi al proprio cammino, guardare in su, crearsi la sua strada solamente camminando, continuando il suo viaggio. La krisis è un’opportunità per costruire sé stessi, per darsi un’etica che vada oltre ciò che si possiede, un’identità che vale proprio perché prescinde da qualunque ricchezza.

«Bisogna tornare al potlatch, alla distruzione rituale. Come le antiche tribù distruggevano i beni in un rito sacro, perché non fosse la proprietà a determinare il valore di un uomo fra loro. […] Di modo che lo stato di un uomo considerato più elevato per quello di cui si disfaceva, non per quello che aveva».

La scrittura di Capossela è densa, fitta di sensazioni, impressioni, divagazioni e approfondimenti, in un diario che prima ancora di raccontare ascolta, raccoglie, registra ogni voce e suono. Questo suo libro non può che svilupparsi intorno alla musica, una musica che diventa voce collettiva, un mezzo per ri-costruirsi.

Le pagine di questo quaderno di viaggio descrivono una Grecia diversa da quella spesso più conosciuta, una Grecia fatta di racconti, persone, luoghi nascosti, bui e poco frequentati ma pieni di storie. Una Grecia che nella sua crisi, nel suo tracollo, nel suo essere schiacciata dal capitalismo continua a essere inclusa in un’Europa alla quale non si sente più di appartenere. Un paese con il quale forse dovremmo confrontarci. «“Non siamo la Grecia”, “non faremo la fine della Grecia”. Che peccato. Infatti, non siamo la Grecia. Per questo ne abbiamo bisogno».


(Vinicio Capossela,Tefteri. Il libro dei conti in sospeso, ilSaggiatore, 2013, pp. 160, euro 13)

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