“Notturno”: a tu per tu con Helen Humphreys

di / 2 novembre 2013

«Non so cosa penseresti delle parole che ho usato per descrivere la tua vita, ma sappi che scegliere le parole con cura è il mio mestiere, e non ho mai scelto parole con più cura di quelle per il tuo necrologio».

Notturno (Playground, 2013) è questo. È un’elegia, una raccolta di memorie, un intimo dialogo che l’autrice Helen Humphreys immagina con il fratello Martin dopo la sua morte prematura. Una voce solitaria ripercorre delicatamente i suoi più nitidi ricordi con i quali i luoghi, i colori, le sensazioni riprendono vita, e il suo sguardo vivido si intreccia a quello del fratello, posandosi su un viaggio in macchina, un’alba dalla finestra dell’ospedale, le note di una composizione per pianoforte sfiorate dalle dita di Martin.

Ogni cosa sembra raccontata a bassa voce per qualcuno che, in silenzio, ascolta. Ed è proprio il silenzio di chi tace e ascolta le parole dell’autrice, una pagina dopo l’altra, che ne rafforza l’esecuzione. Come 4’33’’ di John Cage che tanto ha ispirato Martin, Notturno non ha bisogno del suono per essere completo. Basta il vuoto che ognuno di noi ha dentro, solo e unico mezzo per ascoltare davvero.

In questa composizione in cui la voce dell’autrice si pone come unico strumento della sua realizzazione ogni movimento, ogni singolo istante è immortalato con un tono differente, affresco di un dolore che a tratti fluisce incontrollato e poco più avanti osserva se stesso quasi in disparte.

Silenzio, dunque. Dobbiamo solo iniziare a percorrere le pagine del libro e ascoltare questo Notturno. Anche attraverso le parole dell’autrice, che ci ha raccontato qualcosa in più sulla sua opera.


Questo libro è come una lettera, una composizione notturna, appunto, destinata alla lettura, a un ascolto attento. Aveva in mente una struttura o uno stile particolare prima di iniziare a scriverlo?

No, l’ho scritto come se fosse una lettera per mio fratello, come avrei scritto qualunque lettera indirizzata a lui, solo che questa l’ho scritta dopo la sua morte, senza che lui potesse leggerla. È iniziata in maniera molto personale, e non sapevo che avrei pubblicato questo libro fino a quando non l’ho quasi terminato.


Notturno si avvicina, in tutte le sue parti, a una composizione musicale. Le è capitato di scriverne delle parti ascoltando la musica di suo fratello Martin? La musica ha in qualche modo condizionato la sua percezione del ricordo, rendendolo più facile da “ascoltare”, come il silenzio all’interno di un brano musicale?

Dopo la morte di Martin non sono riuscita a leggere né a scrivere per un anno, ma riuscivo ad ascoltare musica. Ho ascoltato molte delle registrazioni di mio fratello, e credo che queste abbiano influito sulla scrittura di Notturno. Ritengo che la musica sia di grande conforto, e a volte è più facile da recepire rispetto alle parole. Il lutto è un posto in cui non ci sono parole, all’interno del quale però la musica è un’ottima compagnia.


Il ricordo spesso cambia i luoghi per sempre, eppure allo stesso tempo ogni luogo ha una sua memoria che resta immutata. La scrittura del libro ha cambiato in qualche modo la sua percezione dei luoghi di cui parla e le abitudini a questi legate?

Non saprei dire se la mia percezione dei luoghi sia cambiata, ma scrivere questo libro ha avvicinato qualcosa, facendomi vedere tutto in una prospettiva molto ravvicinata, per poi lasciarlo andare. Un po’ come quando tieni un oggetto davanti agli occhi e poi lo fai cadere. E mentre all’inizio era difficile andare nei posti in cui una volta abitava mio fratello, ora è un conforto.


La scrittura riporta in vita il ricordo ma, come dice nel suo libro, non ricrea l’esperienza, bensì ne è trascinata. Sente di essere riuscita a esprimere completamente in quest’opera quello che sentiva?

Sì. In questo libro ho detto tutto ciò che dovevo dire, senza trattenere niente. Ho smesso di scrivere solo quando non avevo più niente di importante da dire a Martin. Erano i miei sentimenti. È tutto ciò che ricordavo del nostro lungo rapporto come fratelli.


Questo libro si allontana dalle sue opere precedenti. Pensa che il processo della sua scrittura possa aver cambiato il suo modo di scrivere, o il suo approccio futuro alla scrittura?

Decisamente. Sono cambiata come persona dopo la morte di mio fratello, e la mia scrittura è cambiata di conseguenza. Credo che il mio stile sia diventato più semplice e immagino così la mia scrittura in futuro.

 

 

(Helen Humphreys, Notturno, trad. di Fabio Viola, Playground, 2013, pp. 144, euro 15)

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