“Quando si spengono le luci” di Erika Mann

di / 19 novembre 2013

In dieci racconti, la scrittrice Erika Mann si sofferma a descrivere ciò che spesso viene facilmente uniformato al delirio nazista, entrando così nelle storie del popolo tedesco, che non sempre silente e complice aveva assistito all’avanzata nazista. Quando si spengono le luci. Storie del Terzo Reich (Il Saggiatore, 2013) è un importante affresco storico e sociale riguardante sconfitti e carnefici della Germania, alle prese con i preparativi di un’imminente guerra totale.

Erika, figlia del Nobel Thomas Mann, in dieci storie analizza con lucidità lo stato psichico di un’intera nazione, esaminando con metodo ed esperienza diretta l’evoluzione di certi personaggi, schiacciati dalla statolatria imperante, sovvertitrice d’ogni libertà.

Le reazioni variano, e tra i dieci percorsi differenti, l’unico trait d’union è una certa consapevolezza di una tragedia ormai avviata, e compiuta, che si sarebbe potuto in qualche modo combattere, e quindi probabilmente evitare o ridimensionare.

Ci si sofferma dunque sulla passività con cui il piccolo borghese, trasportato da un eccitante pensiero nazionalista, si sia lasciato soggiogare in tutto e per tutto, salvo poi rendersene conto, ormai tardi.

Nel primo racconto c’è tutto il presagio di un’imminente sciagura, e il conseguente appello a coloro che in Europa e nel mondo, ancora non si rendevano conto della tragedia. Lo straniero, che si ritrova solo nella città svuotata dal discorso di Hitler, che acclama a sé folle oceaniche, è l’emblema di una strana quiete che puzza di tempesta.

Si distinguono inoltre le storie del professor Habermann e della lezione sull’insubordinazione e la protesta, che apertamente e incurante di ogni conseguenza, impartisce ai suoi allievi; o di come la giovane scrittrice racconti l’amore tragico di due giovani amanti, paragonati a nient’altro che forza lavoro, e di una segretaria innamorata del suo direttore, che scoprendola ebrea accantona in un istante l’amore ricambiatole in silenzio sino alla fatale rivelazione. E poi ancora l’eroico poliziotto Deiglmeyer, o il prete incarcerato che muove accuse alla sua chiesa, fin troppo accondiscendente, proprio come il popolino tedesco.

Si arriva così all’ultimo racconto, senza dubbio il più interessato alle vicende personali della famiglia Mann. Ci si prepara così alla fuga, all’addio faticoso e affaticato verso l’Inghilterra e da lì per gli Stati Uniti d’America; amaro destino per tutta una generazione di intellettuali tedeschi, che preferirono spostarsi altrove per manifesta incapacità di tener testa al delirio collettivo.

Erika Mann ci racconta che non tutti i tedeschi furono nazisti, ma quanti in silenzio, per quieto vivere, lasciarono correre, immolando la propria libertà.

«Perché, si chiedevano allora, perché seguiamo con cieca ubbidienza un destino chiamato Adolf Hitler? Perché noi tutti ubbidiamo?», domanda a sé stesso il piccolo industriale Huber, «Siccome però la risposta mancava, gli abitanti della nostra città, per il momento, continuavano a ubbidire»; risposta alquanto semplice, che tutt’oggi, a certe masse impecorite, ancora manca.

(Erika Mann, Quando si spengono le luci. Storie del Terzo Reich, trad. di Agnese Greco, Il Saggiatore, 2013, pp. 267, euro 19,50)

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio