“Le attenuanti sentimentali” di Antonio Pascale

di / 12 dicembre 2013

Raccontare di sé è sempre un gioco rischioso, un procedere in bilico fra sincerità, omissioni e menzogna. Il pericolo di questo narcisistico rimirarsi è essere accusato di essere uno scrittore “ombelicale”. Per Antonio Pascale, ritornato alla carica dopo sei anni di silenzio letterario con Le attenuanti sentimentali (Einaudi, 2013), lo scivolone è dietro l’angolo.

Il protagonista di questo singolare romanzo – che però non è un romanzo, privo com’è di una trama con tutti i crismi del caso –, di questa riflessione filosofica – ma di una filosofia spicciola, del quotidiano, del contemporaneo –, di questo saggio sociologico – che però non ha la forma stilistica dell’essai –, è lui: Antonio Pascale, il suo ombelico appunto.

Roland Barthes si ergerebbe ancora a paladino della “morte dell’autore” sbandierata di contro alla “morte del romanzo” e del personaggio-uomo sostenute da Giacomo Debenedetti di fronte a tale tentativo di autofiction?

Perché proprio nell’autofiction, categoria letteraria sviluppata negli anni Settanta da Serge Doubrovsky, nella quale si sono cimentati autori del calibro di Bret Easton Ellis, Michel Houellebecq, Philippe Forest, Antonio Moresco, Giuseppe Genna, Walter Siti, potrebbe rientrare l’ultimo romanzo di Pascale presentandone tutti gli ingredienti: il mescolare deliberatamente, lo sfumare il confine tra autobiografia e invenzione, instillando nel lettore il sospetto che gli elementi veri siano inventati e viceversa.

L’Antonio Pascale del romanzo è un quarantasettenne, casertano trapiantato a Roma, impiegato al Ministero per le Politiche agricole e scrittore in piena sindrome da pagina bianca, con moglie e due figli adolescenti, nevrotico e insonne.

Trova come rimedio per l’insonnia la bicicletta. Questo moderno flâneur a pedali si aggira così per le vie notturne della capitale riflettendo sulla vita e sul surriscaldamento globale.

È durante una delle sue scorribande notturne che gli viene la brillante idea, per eludere il blocco creativo, di girare un documentario sui sentimenti, su come il rapporto fra uomo e donna sia cambiato invertendo i ruoli. C’è chimica fra noi, questo il titolo del reportage socio-antropologico. Nel progetto decide di coinvolgere un’amica produttrice, Paola, una trentenne single alla costante ricerca della propria metà prima che il decadimento fisico sfiorisca la sua avvenenza, l’amico pittore Luigi e l’impenitente donnaiolo fedifrago Giacomo, regista mancato.

Ecco che allora sfilano una serie di comparse che rappresentano altrettanti tipi sociali: il tipico maschio meridionale, il provinciale, la comare, la nevrotica, l’adolescente strafottente, ecc.

Fra riflessioni semiserie sul caos dominante si fa largo così la denuncia di una virilità problematica, che viene esposta con arrendevolezza, usando se stessi o personaggi molto simili per raccontare con maggiore o minore indulgenza le meschinità del maschio italiano del nostro tempo tra diario e commedia dolceamara. Accusa che, a ben vedere, non ammette attenuanti.


(Antonio Pascale, Le attenuanti sentimentali, Einaudi, 2013, pp. 240, euro 19,50)

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