“Divergent” di Neil Burger

di / 4 aprile 2014

Con la saga di Hunger Games giunta alle fase finali (rimane un solo libro della trilogia, che chiaramente come è mai prassi verrà diviso in due film), dopo aver già dovuto dire addio ai grandi successi di Harry Potter prima e di Twilight poi, a Hollywood sono ormai da un paio d’anni alla spasmodica ricerca di un nuovo filone letterario del cosiddetto genere fantastico young-adult da cui far scaturire un franchise di successo planetario. Nella coda di 2013 ci hanno provato già con Ender’s Game, tratto dal primo romanzo del Ciclo di Ender di Orson Scott Card, ma al botteghino non ha funzionato. Una prassi ormai consolidata dai tempi di Twilight impone che al centro della vicenda ci sia una ragazza. È stato il binomio Katniss Everdeen-Jennifer Lawrence con il successo dei due film di Hunger Games a ribadire l’importanza di un ruolo femminile forte, ma non è detto che mettere una giovane donna al centro di storie di mostri e violenza basti da solo a portare spettatori in sala. Nel 2013, Beautiful Creatures e Shadowhunters hanno ampiamente deluso le prospettive di incasso degli studios.

Ora, la casa di distribuzione Lionsgate, già responsabile di Twilight e Hunger Games, tenta di nuovo l’exploit portando al cinema la trilogia della giovanissima Veronica Roth (1988) Divergent, con il primo film che dà il nome all’intera serie.

Siamo in un futuro non meglio precisato. Chicago è una città isolata dal resto del mondo da una barriera insuperabile. C’è stata la guerra e ora nella città è tornato l’ordine grazie a una rigida regolazione della vita sociale. I cittadini sono suddivisi in cinque classi in base alle caratteristiche innate: i Candidi, addetti alla legislazione, sempre sinceri; i Pacifici, che per la loro spontanea gentilezza sono destinati a opere assistenziali; gli Eruditi, che si occupano di insegnare e organizzare; gli Abneganti, generosi e altruisti, chiamati al governo; e infine gli Intrepidi, che hanno il compito di proteggere la popolazione. Ogni classe ha un colore per l’abbigliamento e un codice di condotta. Chi sbaglia diventa un Escluso, un fuori casta, e perde tutti i diritti. A sedici anni i giovani cittadini vengono sottoposti a un test che li indirizza verso la classe di appartenenza. La scelta finale è libera. Beatrice Prior è figlia di due abneganti, ma sente di non appartenere a quella classe. Il giorno della scelta decide di passare con gli Intrepidi, anche perché il suo test ha dato un risultato inatteso. Beatrice è una Divergente, una fuori classe, ha caratteristiche proprie di ognuno dei gruppi, non è inquadrabile nella società, rappresenta una variabile impazzita, quindi una minaccia. Ma nessuno tranne lei, e chi ha effettuato il test, conosce il suo segreto. Durante il rigido addestramento con gli Intrepidi, Beatrice, che ora si fa chiamare Tris, scoprirà un piano degli Eruditi per ribaltare gli Abneganti e prendere il potere. Con l’auto di Quattro, il suo istruttore, riuscirà a fermare la congiura.

Cambiano le premesse, ma Divergent ha molto a che spartire con Hunger Games, a partire dall’impianto distopico e dall’inquadramento sociale che viene dato alla vicenda. Se nei libri di Suzanne Collins la divisione in distretti è di carattere economico, qui la suddivisione ricorda la gerarchia indiana o l’organizzazione della Kallipolis di Platone così come riportata nella Repubblica (filosofi, guerrieri e mercanti, cui si appartiene in base alla nascita). Per il resto rimane una ragazza che da sola ribalta i piani del potere.

Il regista Neil Burger (The Illusionist, Limitless) si impegna a mantenere alto il livello della spettacolarità. Il minor carisma del suo cast, rispetto al paragone diretto di Hunger Games, lo indebolisce nella presa sul pubblico. Shailene Woodley (già nella serie La vita segreta di una teenager americana, poi figlia di Clooney in Paradiso Amaro e di recente nell’interessante The Spectacular Now, non distribuito in Italia) è brava ma non è Jennifer Lawrence. Nei ruoli secondari solo Kate Winslet non può fare a meno di farsi notare, come di consueto, nella parte della mente malvagia degli Eruditi Jeanine Matthews.

Nel primo fine settimana di proiezione negli Stati Uniti, Divergent ha incassato 56 milioni di dollari. Il secondo capitolo della saga di Hunger Games aveva fatto quasi il triplo. A vincere è comunque la Lionsgate.

(Divergent, di Neil Burger, 2014, azione/fantascienza, 139’)

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